Dal 1° gennaio 2025 nuove disposizioni per la gestione delle spese di trasferta dei lavoratori dipendenti.
Nella necessità di contrastare forme di evasione fiscale nel comparto trasporti e ristorazione e controllare più accuratamente la gestione dei rimborsi esenti da imposizione fiscale e contributiva ai lavoratori dipendenti per le spese sostenute per conto dell’azienda o connesse all’attività lavorativa, la legge di Bilancio 2025 ha modificato l’art. 51, comma 5, TUIR, prescrivendo che le spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuate mediante autoservizi pubblici non di linea, non concorrono alla formazione del reddito se i pagamenti sono eseguiti con metodi tracciabili.
Le nuove disposizioni sono, altresì, applicabili alle spese per trasporto e viaggio, comprovate e documentate, per le prestazioni rese dal lavoratore all’interno del territorio comunale. Al riguardo il decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, art. 3, comma 1, ha aggiornato il testo del predetto comma 5, art. 51, TUIR, abrogando le disposizioni che prevedevano la necessità di “custodire” i documenti provenienti dal vettore.
L’impatto della novella non ha ricadute solo lato lavoratore, in quanto la medesima legge di Bilancio 2025, inserisce ulteriori nuove disposizioni secondo cui il mancato pagamento tracciabile delle spese analitiche sostenute dai lavoratori dipendenti in trasferta è da considerarsi indeducibile ai fini Ires, Irpef e Irap.
Restano escluse dalla disciplina in argomento le spese relative ai trasporti, effettuate mediante autoservizi pubblici di linea, a cui non si applicano le nuove prescrizioni.
Il concetto di trasferta non è disciplinarmente definito bensì frutto dell’evoluzione giurisprudenziale ed amministrativa intervenuta con riferimento agli spostamenti temporanei del prestatore di lavoro, in ottemperanza alle indicazioni del proprio datore di lavoro.
La trasferta è, dunque, una “eccezione” all’ordinario luogo in cui viene resa abitualmente la prestazione lavorativa, individuato nel contratto individuale tra le parti, e si realizza allorquando il datore di lavoro, nell’esercizio dei propri poteri organizzativi e direttivi, comanda al lavoratore di prestare la propria opera in un luogo diverso rispetto a quello in cui abitualmente viene eseguita la prestazione.
In linea generale possiamo affermare che la trasferta del lavoratore consiste nel suo temporaneo spostamento dalla sede abituale di lavoro verso un luogo diverso, ove la prestazione viene resa per un periodo circoscritto, non necessariamente breve.
Chiarita, seppur brevemente, la nozione di trasferta, per quanto qui d’interesse, è opportuno rilevare le disposizioni legislative che prevedono una specifica disciplina, sul piano fiscale e previdenziale, del trattamento economico riconosciuto al lavoratore per le prestazioni rese “fuori” dall’abituale sede di lavoro, con netta distinzione tra le trasferte rese nel o al di fuori del territorio comunale ove insiste l’abituale sede di lavoro.
In termini generali, i trattamenti economici collegati alle trasferte possono “sfuggire” all’ordinaria regola di onnicomprensività del reddito al ricorrere di alcune specifiche condizioni e limiti.
Al riguardo, l’art. 51, comma 5, TUIR, come rivisitato dall’art. 3, comma 1, lett. b), numero 3), decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, e dall’art. 1, comma 81, lett. a), legge 31 dicembre 2024, n. 207, prevede che:
Per le prestazioni rese in trasferta al di fuori del territorio comunale sono possibili tre distinti sistemi di trattamento:
Nei rimborsi analitici, anche operati in regime misto, è, invece, obbligatorio produrre la c.d. nota a piè di lista. Al riguardo si evidenzia che, in linea generale:
Le novità previste dalla legge di Bilancio 2025, di modifica strutturale al TUIR, si inseriscono esclusivamente sui c.d. rimborsi analitici, prescrivendo la rilevanza ai fini previdenziali e fiscali delle somme rimborsate ai lavoratori dipendenti nel caso in cui le spese sostenute per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea, siano state pagate con strumenti non tracciabili.
Per quanto concerne la disciplina delle trasferte nel territorio comunale, invece, la precedente disciplina (ante decreto legislativo n. 192/2024) prevedeva che i rimborsi di spesa godessero di esenzione fiscale solo per le spese di viaggio e trasporto documentate dal vettore. Di converso, risultavano imponibili tutte le altre spese, ivi incluse quelle di viaggio, non documentate (es. parcheggi) e le eventuali indennità erogate dal datore di lavoro.
L’art. 3, comma 1, lett. b), decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, ha modificato la disciplina contenuta nell’art. 51, comma 5, TUIR, prevedendo che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente i rimborsi di viaggio e trasporto sostenuti per le trasferte all’interno del territorio comunale se le stesse risultano “comprovate” e “documentate” (es. ricevute Taxi o NCC).
Si ritiene che nell’ambito delle trasferte in argomento sia comunque consentita una non imponibilità delle somme riconosciute a titolo di rimborso chilometrico, fermo restando l’obbligo di dimostrare la percorrenza sostenuta e le modalità di calcolo conformi al valore chilometrico delle tabelle ACI:
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