Trasfertisti. Il contributo percepito per raggiungere il posto di lavoro è sottoposto a contribuzione

Pubblicato il 30 luglio 2013 Con l’ordinanza n. 18237/2013, la Sesta sezione civile della Corte di Cassazione conferma l’orientamento della Corte d’Appello di Torino, che aveva considerato i lavoratori di una società edile facenti parte della categoria dei trasfertisti, per cui il compenso da loro percepito doveva essere sottoposto a contribuzione nella misura del 50%.

La società propone ricorso, ritenendo più esatto, per tali lavoratori, applicare per analogia con le norme di carattere fiscale l’istituto della trasferta, che invece è stato negato dai giudici di merito.

Per la Corte le considerazioni svolte in sede di appello sono corrette. I lavori stradali svolti dall’impresa edile presuppongono necessariamente il fatto di essere eseguiti al di fuori della sede dell’azienda; quindi, anche senza applicare la prova dei cronotachigrafi, appare del tutto ovvio ricondurre tale tipologia lavorativa nell’ambito del tipico lavoro dei trasfertisti, per i quali l’unica disposizione normativa applicabile è il Dlgs n. 314/1997: le indennità e le maggiorazioni lavorative percepite regolarmente dai lavoratori concorrono a formare il reddito nella misura del 50% del loro ammontare. L’analogia fiscale invocata dalla società, in questo caso, dunque, non rileva.

Inoltre, i giudici di merito – richiamando la precedente decisione della Suprema Corte, n. 17511/2010 - hanno anche correttamente rilevato che il tempo necessario per raggiungere il luogo di lavoro debba essere considerato come tempo di lavoro e come tale sottoposto a contribuzione.
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