Trasformazione e fallibilità dell’ente originario

Pubblicato il 26 gennaio 2021

La trasformazione di una Srl in un'associazione non riconosciuta e la connessa disciplina di prosecuzione dei rapporti in essere non incidono su una situazione di dichiarabile fallimento dell'ente originario.

La Suprema corte si è da ultimo pronunciata su un’impugnazione promossa contro la conferma della declaratoria di fallimento di una Srl in liquidazione.

Il ricorso era stato avanzato dall’associazione sportiva dilettantistica in cui la suddetta Srl era stata trasformata con deliberazione assembleare assunta nel medesimo anno, mediante la quale era stata contestualmente trasferita anche la sede legale della compagine.

Secondo l’associazione, i giudici di merito avrebbero dovuto dichiarare il fallimento della Asd, non certo della Srl in liquidazione che nel frattempo era stata cancellata dal registro delle imprese.

A detta della ricorrente, anche la Corte d’appello - che aveva successivamente confermato la decisione di primo grado - aveva errato in quanto non aveva considerato che, nel caso della trasformazione, la dichiarazione di fallimento andava impartita nei confronti dell'ente che risultava dalla trasformazione, avendo questo “ereditato i rapporti processuali e sostanziali facenti capo” all'ente originario, subentrando negli stessi.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 1519 del 25 gennaio 2021, ha giudicato infondata tale doglianza.

Per gli Ermellini, la mera circostanza che, con la trasformazione, i rapporti in essere proseguano con l'ente trasformato, costituisce, in realtà, aspetto che non incide in alcun modo sul regime di responsabilità patrimoniale anteriore e posteriore al compimento dell'operazione.

Il problema della fallibilità dell'ente originario – si legge nella decisione – si pone, nel caso di mutamento del regime di responsabilità patrimoniale per effetto dell'avvenuta trasformazione, in termini oggettivamente distinti e autonomi da quello dell'eventuale fallibilità dell'ente trasformato.

Che poi quest'ultimo eserciti, oppure no, attività di impresa è sicuramente rilevante in funzione dell'eventualità di un suo fallimento, ma non viene a incidere sulla prospettiva del fallimento dell'ente originario.

Non appariva corretto, in definitiva, considerare la trasformazione - e la connessa disciplina di prosecuzione dei rapporti in essere - nei termini di istituto idoneo a “purgare” una situazione di dichiarabile fallimento dell'ente originario: l'intervenuta trasformazione della Srl nell'associazione non riconosciuta non era, ossia, idonea a impedire la fallibilità dell'ente originario.

Trasformazione e fallibilità ente originario, principi di Cassazione

Nelle conclusioni della decisione, il Collegio di legittimità ha in proposito enunciato una serie di principi:

L'istituto della trasformazione, ricomprendendo in sé una serie di figure diverse e anche molto dissimili tra loro, non si presta a una ricostruzione unitaria delle tematiche che le singole figure vengono a proporre.

I creditori di titolo anteriore alla cancellazione dell'ente originario si avvantaggiano del regime di responsabilità proprio della relativa struttura. A tale regime rimane ancorata, di conseguenza, la fallibilità dell'ente originario, che l'intervenuta trasformazione non è idonea a impedire”.

In caso di trasformazione, inoltre, la norma dell'art. 10 della Legge fallimentare “trova comunque applicazione nei confronti dell'ente originario” e “la soggettività fallimentare di questo ente non è diversa da quella che viene riconosciuta a una qualunque società cancellata dal registro e dichiarata fallita nel corso dell'anno successivo”.

Per finire, è stato sottolineato che lo “strumento di tutela dei creditori dato dall'opposizione, che è previsto dalla legge in relazione alle operazioni di trasformazione, non può in alcun modo considerarsi sostitutivo di quello rappresentato dal fallimento, posto che, per la categoria dei creditori anteriori alla trasformazione, appronta una tutela di intensità sensibilmente inferiore”.

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