Tribunale Busto Arsizio antesignano ma esagerato sulle sanzioni del collegato lavoro

Pubblicato il 16 dicembre 2010 Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza n. 528 del 29 novembre 2010, stabilisce che la mancata indicazione scritta, precisa e circostanziata, nel contratto di assunzione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo ovvero sostitutivo che giustifichino il ricorso alla fattispecie del lavoro a tempo determinato, produce non solo la conversione del rapporto nella fattispecie a tempo indeterminato, ma anche il pagamento del danno quantificabile nelle retribuzioni non percepite a partire dalla messa in mora sino alla riammissione in servizio. Ma non basta. Al datore è fissato, ex lege 183/2010, l’obbligo di corrispondere al prestatore una sanzione economica compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

È da rilevare che l'art. 32, comma 5, della L. 183/2010 prevede che "Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604" (la nuova disciplina trova applicazione in relazione a tutti i giudizi, anche quelli pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge). Ne discende l’interpretazione che i termini “indennità onnicomprensiva” dovrebbero escludere l'ulteriore risarcimento del danno per il periodo pregresso. Dunque il Tribunale potrebbe essere stato troppo duro nel quantificare la sanzione.
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