Truffa contrattuale per il commercialista inadempiente che adotta raggiri

Pubblicato il 28 novembre 2014 I professionisti sono tenuti alla massima correttezza nei confronti dei loro clienti, evitando di nascondere una propria inadempienza con artifizi e raggiri nei confronti degli stessi. In caso contrario, il libero professionista commette il reato di truffa contrattuale nel corso dell’esecuzione del contratto di prestazione d’opera intellettuale. Ciò, in quanto, il cliente, ignaro della sua inadempienza, continua a rinnovargli il mandato professionale e a retribuirlo per le sue presunte prestazioni.

Questo l’avvertimento che si desume dalla sentenza n. 49472 del 27 novembre 2014 della Corte di Cassazione, con la quale viene confermata la responsabilità penale di un dottore commercialista che aveva percepito un modesto compenso senza in cambio aver presentato le dichiarazioni dei redditi del cliente.

Rilevanza penale della truffa anche se il compenso è modesto

La seconda sezione penale della Suprema Corte, nel respingere tutti i motivi del ricorso formulati dal professionista che aveva ricevuto un incarico professionale da parte di un cliente, ribadisce che a nulla valgono le motivazioni della difesa incentrate sull’esiguità del compenso percepito. Ciò che conta - per la Corte - è che la condotta del commercialista è stata comunque illecita.

Secondo i giudici, infatti,“l'ingiusto profitto va individuato nel rinnovo del mandato e nella percezione del relativo compenso, rinnovo che non sarebbe avvenuto ove il cliente fosse stato messo a conoscenza della inadempienza”.

Il reato si qualifica come di natura contrattuale, e non può essere sanzionato sul piano civilistico, proprio in virtù del “ mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l'altra parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra il raggiro”.
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