Un altro no della Ue all’Irap

Pubblicato il 15 marzo 2006

Un secondo parere, depositato ieri, alla Corte di giustizia Ue dall’avvocato generale, Stix-Hackal, stabilisce che l’Irap è da ritenersi illegittima perchè possiede le caratteristiche essenziali dell’Iva e in quanto tale contrasta con direttiva Iva (77/388). Le conclusioni dell’ormai famosa causa C-478/03 mirano ora a limitare i danni che gli effetti della sentenza potrebbero avere sul bilancio italiano: le conseguenze della sentenza (attesa per i prossimi mesi) dovrebbero prodursi solo nell’anno tributario successivo a quello dell’eventuale condanna ed, in particolare, solo per i ricorsi anteriori al 17 marzo altre parole, le richieste di rimborso valgono dall’anno successivo a quello della condanna, alla quale lo Stato italiano non si conformasse, eliminando l’Irap. Tale vincolo temporale è riconosciuto per evitare un enorme buco nelle casse italiane, dato che la normale retroattività di 48 mesi potrebbe sottrarre un flusso tra 130 e 150 miliardi di euro alle Regioni. La conclusione dell’avvocato generale, pur riconducendo l’Irap nel campo di applicazione del divieto di altre imposte nazionali aventi carattere di imposte sul giro d’affari e, quindi, nel divieto previsto dall’articolo 33, n. 1, della Sesta direttiva, è subordinato ad una condizione: il divieto sull’Irap scatterà infatti, “purchè, per un campione rappresentativo di imprese assoggettate ad entrambe le imposte, il rapporto tra gli importi pagati a titolo d’Iva e gli importi pagati a titolo d’imposta in questione risulti sostanzialmente costante”. Qualora la sentenza riproponesse fedelmente questa conclusione, il rischio a cui si potrebbe andare in contro sarebbe quello di avere un verdetto tale da suscitare più dubbi di quanti in effetti fosse in grado di risolvere.   

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