Unioni civili e cognome comune. La sentenza della Consulta

Pubblicato il 23 novembre 2018

E’ stata depositata ieri, 22 novembre 2018, la decisione della Corte costituzionale in tema di “cognome comune” scelto dalle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, per come già anticipata con comunicato stampa del 9 ottobre.

La Consulta, con sentenza n. 212/2018, ha affermato la legittimità costituzionale della previsione di cui all’articolo 3 del Decreto legislativo n. 5/2017, là dove prevede che la scelta del “cognome comune” non modifica la scheda anagrafica individuale, nella quale rimane il cognome precedente alla costituzione dell’unione.

Per i giudici costituzionali, ossia, la funzione del “cognome comune”, come cognome d’uso senza valenza anagrafica, non è lesiva dei diritti al nome, all’identità e alla dignità personale.

Cognome comune non modifica la scheda anagrafica

Nel dettaglio, sono state dichiarate in parte inammissibili e, in parte, non fondate, le varie questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario di Ravenna, in riferimento all’articolo 22 nonché agli articoli 2, 3, 11, 76 e 117, primo comma della Costituzione.

Secondo la Corte costituzionale, “che il diritto al nome, quale elemento costitutivo dell’identità personale, debba concretizzarsi nel cognome comune, rendendo così doverosa la modifica anagrafica di quello originario, non discende, infatti, né dalle norme della nostra Costituzione, né da quelle interposte che essa richiama”.

A ben vedere, la ipotizzata valenza anagrafica del cognome comune sarebbe in realtà suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli sulla sfera personale e giuridica dei figli di quella delle parti che avesse assunto tale cognome in sostituzione del proprio.

Difatti, a seguito dello scioglimento dell’unione civile, i figli rimarrebbero privi di uno degli elementi che, fino al momento dello scioglimento, identificava il relativo nucleo familiare, con tutto ciò che questo comporta nell’ambiente in cui essi vivono.

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