Va dimostrata l’”abnormità”

Pubblicato il 28 luglio 2008 Con sentenza n. 18107/2008 del 2 luglio scorso, la Cassazione – Sezione lavoro – ribadisce che il lavoratore che dichiara di aver subito un danno alla salute nello svolgimento delle sue mansioni lavorative deve provare l’esistenza del pregiudizio sofferto, la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso fra i due elementi. Dal canto suo, invece, il datore di lavoro dovrà dimostrare di avere adottato tutte le precauzioni necessarie ad evitare l’evento verificato. La responsabilità del datore non si esaurisce nell’osservanza di specifiche disposizioni di legge, in relazione all’attività imprenditoriale svolta, ma comprende anche le misure necessarie in base alla particolarità dell’impiego, all’esperienza e alla tecnica. Nel caso in cui il funzionamento richieda anche la collaborazione del subordinato, rientra nel controllo del datore anche la verifica che essa sia concretamente attuata. Naturalmente, ciò comporta la necessità di informare il dipendente sulla dovuta cooperazione e sulle conseguenze derivanti dalla relativa omissione. Se, invece, il danno al lavoratore è causato da una disfunzione del macchinario che deve manovrare, il limite della responsabilità del datore non è né l’imprevedibilità né l’osservanza delle norme di legge, ma il caso fortuito. Qualora il lavoratore sia consapevole del malfunzionamento del macchinario, il datore di lavoro deve dare prova non solo riguardo alla formazione del dipendente e al controllo del suo comportamento, ma anche dell’”abnormità” dell’evento. Tuttavia, precisa la Suprema corte: “la ritenuta imprevedibilità del comportamento del lavoratore” non è sufficiente ad integrare l’oggettiva “abnormità”.
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