Variazione Iva in diminuzione. Esclusa per prescrizione del credito

Pubblicato il 14 marzo 2022

Si affronta il caso di una domanda di ammissione al passivo del credito che è stata rigettata per intervenuta prescrizione della richiesta. Il creditore chiede all’Agenzia delle Entrate se vi sono le condizioni per effettuare una nota di variazione Iva in diminuzione, in virtù di quanto applicabile in data antecedente il 26 maggio 2021 secondo cui era possibile tale variazione “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.

Con risposta n. 102 del 10 marzo 2022, l’Agenzia delle Entrate ricorda che la variazione Iva in diminuzione è una pratica facoltativa e ammessa solo nelle ipotesi previste.

In particolare, si fa presente che per le procedure concorsuali aperte in data antecedente il 26 maggio 2021, la detta variazione è possibile per il mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali “rimaste infruttuose” ovvero quando la pretesa creditoria rimane insoddisfatta:

Variazione Iva in diminuzione: richiesta l'attività del creditore

Come precisato da prassi e giurisprudenza, il mancato pagamento rileva nelle ipotesi in cui il creditore ha esperito tutte le azioni volte al recupero del proprio credito ma non abbia trovato soddisfacimento.

Dunque, nel caso prospettato, la pretesa creditoria risulta insoddisfatta non per l'accertata incapienza del patrimonio del debitore, bensì per l'intervenuta prescrizione del credito, che ha precluso l'ammissione al passivo del creditore.

L’Agenzia, però, valuta la questione se la prescrizione del credito sia un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione in base all’articolo 26, comma 2, del Decreto Iva quando si riferisce a figure simili alle cause di “nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione”.

Orbene, la risposta n. 102/2022 ritiene che la prescrizione non può essere assimilata alle suddette cause poiché deriva dall’inerzia ingiustificata del creditore. Ciò trova riscontro nella giurisprudenza della Corte Ue (causa C-146/2019) che non ammette l'inerzia ingiustificata del creditore e postula la disapplicazione del presupposto della normativa interna che lega la riduzione Iva all’insinuazione del credito nella procedura fallimentare, solo in caso di una condotta attiva o se viene dimostrato che nonostante il creditore “avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso”.

  In conclusione, l’imprenditore, nelle more della procedura del concordato preventivo, avrebbe potuto attivarsi ed evitare la prescrizione del credito.

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