Verifiche fiscali: i 30 giorni sono lavorativi o feriali?

Pubblicato il 14 gennaio 2010 Una recente sentenza della Ctp Terni, la 141 del 16 dicembre 2009, offre lo spunto per tornare sulla questione della durata complessiva della verifica fiscale presso la sede del contribuente.

La querelle annosa tra GdF e Fisco da un lato e contribuenti dall’altro, verte sull’articolo 12, comma 5 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), che recita: “La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni”.

La sentenza citata, favorevole ai contribuenti, stabilisce che il mancato rispetto dei 30 giorni complessivi, prorogabili a 60, deve costare la nullità dell’accertamento. Ma altre pronunce pendono, al contrario, in favore dei verificatori.

Il punto nodale è che per giorni lavorativi Fisco e GdF intendono i giorni di permanenza nella sede, anche non consecutivi. La versione dei contribuenti la spiega bene il presidente del Cndcec, Siciliotti, che denuncia: “il malvezzo delle verifiche a rate, con periodi di accesso conteggiati non sui canonici 30 giorni feriali, bensì sui 30 giorni nei quali i controllori possono realizzare le verifiche, e che dunque possono prolungarsi per diversi mesi”.

Di contro le Entrate rispondono, in sintesi, che i verificatori non possono permettersi di perdere tempo e che le verifiche rispettano i periodi dettati da legge concludendosi in 20 o 30 giorni al massimo.
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