Via l’accordo Covid, è frontaliero chi si reca in Svizzera

Pubblicato il 30 gennaio 2023

Un lavoratore cittadino italiano chiede se, pur continuando a lavorare da remoto, scaduti i termini di vigenza dell’accordo Italia-Svizzera siglato durante il periodo pandemico, potrà essere considerato un lavoratore frontaliero ai fini dell'applicazione della convenzione con la Svizzera, ed essere tassato esclusivamente nella confederazione elvetica.

Con risposta n. 171 del 26 gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate ricorda che i lavoratori frontalieri sono solamente quelli, residenti in Italia, che quotidianamente si recano all'estero in zone di frontiera o Paesi limitrofi per svolgere la prestazione lavorativa. Dunque, viene richiesto che il lavoratore si rechi nei giorni lavorativi in Svizzera.

Durante il periodo pandemico da Covid-19, è stato firmato il 19 giugno 2020 a Roma un accordo tra i due Stati secondo il quale, anche se parte dell'attività lavorativa viene svolta in smart working presso l’abitazione del lavoratore in Italia, viene prevista la tassazione esclusiva nello Stato in cui l'attività lavorativa è svolta.

Ma, rilevano le Entrate, una volta che si intenderà decaduto l’accordo del 2020, risulterà applicabile alla situazione descritta dal lavoratore (che svolgerà sino al 25 per cento delle giornate lavorative di un anno solare in smart working dalla propria abitazione situata in Italia), la Convenzione Italia Svizzera per evitare le doppie imposizioni e l'articolo 1 dell'Accordo del 3 ottobre 1974.

NOTA BENE: In conclusione, il reddito derivante dall’attività svolta in Svizzera per i tre quarti dei giorni lavorativi e per un quarto nel nostro Paese, dovrà essere sottoposto a tassazione esclusiva nello Stato di residenza del contribuente (l’Italia), a meno che tale attività non sia svolta nell’altro Stato, ossia nel cantone elvetico. In tal caso, il reddito dovrà essere soggetto a imposizione concorrente in entrambi i Paesi.

Dunque:

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