Violenza sessuale verso il coniuge, anche senza rifiuto esplicito

Pubblicato il 07 ottobre 2015

Con sentenza n. 39865 depositata il 5 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, ha rigettato il ricorso di un uomo, imputato per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale ai danni della moglie.

E' violenza, se il coniuge è contrario

E' da escludere – ha chiarito la Cassazione nel respingere le censure del ricorrente – che sussista un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali come mero sfogo del proprio istinto e nonostante la contraria volontà del partner. Ciò, tanto più se tali rapporti avvengono – come nel caso di specie – in un contesto di sopraffazione, infedeltà e violenza, che costituiscono l'esatto opposto del contesto di stima, affiatamento e reciproca solidarietà in cui il rapporto sessuale dovrebbe porsi.

Il coniuge non è oggetto di possesso

D'altra parte, ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 609 bis c.p. - ha precisato la Corte Suprema - è sufficiente qualsiasi forma di costringimento fisico – psichico idonea ad incidera sull'altrui libertà di autodeterminazione, senza che rilevi l' esistenza di un rapporto coniugale o preconiugale tra le parti. Il coniugio, infatti non degrada la persona del coniuge a mero oggetto di possesso dell'altro coniuge, con la conseguenza che laddove l'atto sessuale costituisce mera manifestazione di detto possesso, esso acquista rilevanza penale.

Rifiuto anche implicito

Nè vale ad escludere il reato – ha chiarito ancora la Cassazione - la circostanza che la donna non si sia opposta esplicitamente ai rapporti sessuali, subendoli passivamente, laddove risulti che l'agente, per le violenze e minacce poste in essere nei riguardi della vittima in un contesto di sopraffazione ed umiliazione, abbia avuto la consapevolezza di un rifiuto implicito..

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