Vittima senza lavoro? Danno patrimoniale accertato in via equitativa

Pubblicato il 15 novembre 2017

La Cassazione si è pronunciata con riferimento ad una causa attivata, a seguito di sinistro stradale, dalla terza trasportata di uno dei veicoli coinvolti, al fine di vedersi riconosciuto il risarcimento del danno dalla stessa subito.

Nello specifico, gli Ermellini hanno ribaltato la decisione di merito con cui era stata esclusa, in partenza, la ricorrenza del danno patrimoniale in capo alla donna, sulla base della mancata dimostrazione dello svolgimento di un'attività lavorativa, respingendo, altresì, l’asserita sussistenza di un danno da perdita di chance.

Per la Suprema corte – ordinanza n. 26850 del 14 novembre 2017 - l’organo giudiziario territoriale, così statuendo, non aveva adeguatamente compiuto, come dovuto, un accertamento presuntivo in ordine alla riduzione della perdita di guadagno nella sua proiezione futura, imposto dalla rilevante entità dei postumi, anche in termini di perdita di chance.

I principi ribaditi dalla Cassazione

Ha quindi ricordato i principi di diritto già enunciati, in sede di legittimità, sui danni alla persona, secondo cui un'invalidità di gravità tale “da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance”.

Danno, questo, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, “il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 cod. civ.”.

E questo senza contare che nelle ipotesi di elevata percentuale di invalidità permanente è altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica nonché il danno che necessariamente da essa consegue.

In tale contesto – ha ribadito la Cassazione - il giudice può procedere all'accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi.

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