Abuso d’ufficio. Custodia in carcere per l’assessore

Pubblicato il 23 agosto 2017

Il reato di abuso d’ufficio è ravvisabile anche in relazione ad atti discrezionali, ove il pubblico ufficiale faccia uso dei poteri riconosciutigli per uno scopo diverso da quello per cui i poteri stessi gli sono stati conferiti e, quindi, per il perseguimento di interessi privati dissonanti rispetto all’interesse della pubblica amministrazione.

E’ quanto ricordato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 39348 depositata il 22 agosto 2017, di conferma della misura della custodia in carcere disposta dal Gip nell’ambito di un’indagine per abuso d’ufficio e turbativa d’asta, avviata nei confronti di un ex assessore regionale.

La vicenda che aveva visto coinvolto quest’ultimo concerneva l’affidamento, da parte della Regione Calabria ed in favore di una fondazione, della gestione di un fondo, alimentato con risorse comunitarie, destinato a soggetti in situazione di temporanea difficoltà economica.

Nella convenzione tra Regione e fondazione era stato previsto che, per la gestione finanziaria del fondo, questo secondo soggetto si sarebbe avvalso di un istituto di credito da individuare a seguito di gara.

Orbene, secondo l’ipotesi accusatoria, l’affidamento alla fondazione era avvenuto su istigazione e dietro ingerenza dell’ex assessore, il quale aveva posto in essere una condotta integrante l’abuso d’ufficio, mentre il successivo affidamento dei servizi finanziari era avvenuto in esito a condotte di turbativa d’asta.

All’imputato erano inoltre contestate ulteriori condotte di abuso d’ufficio in relazione ad alcune assunzioni presso la Regione a fini clientelari, nonché il delitto di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Misura cautelare confermata

Secondo i giudici di legittimità, che hanno respinto il ricorso presentato dalla difesa del soggetto sotto accusa giudicando tutti i motivi di doglianza infondati o inammissibili, le motivazioni con le quali il Tribunale del riesame aveva confermato la misura cautelare erano da ritenere “ineccepibili”.

Difatti – si legge nelle considerazioni della Suprema corte – erano state esaurientemente esplicate le ragioni per le quali era stato ritenuto provato l’abuso dei poteri derivanti dalla pubblica funzione ricoperta dall’assessore, il quale aveva esercitato i propri poteri discrezionali in violazione delle specifiche norme di legge, il tutto per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale.

 

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