Accertamento del lavoro subordinato: elementi essenziali e indiziari

Pubblicato il 05 gennaio 2023

Costituisce elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato e criterio discretivo rispetto al rapporto di lavoro autonomo l'assoggettamento del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, assoggettamento che si sostanzia in una modalità di essere del rapporto, desumibile da un complesso di circostanze.

Lo ricorda la Cassazione, Sez. Lavoro, nell'ordinanza n. 38182 depositata il 30 dicembre 2022, con la quale la Corte torna a soffermarsi sullo schema normativo previsto dall'art. 2094 cod. civ. ai fini dell'accertamento del rapporto di lavoro subordinato.

Accertamento del rapporto di lavoro subordinato

Una lavoratrice presenta ricorso volto all'accertamento della natura subordinata del proprio rapporto di lavoro, ottenendo una pronuncia favorevole nel primo grado di giudizio ma risultando soccombente nel secondo.

La Corte d'Appello, riformando la pronuncia di primo grado, aveva infatti respinto le domande proposte dalla lavoratrice di accertamento del rapporto di lavoro subordinato, inefficacia del licenziamento orale intimato e condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni maturate.

La non configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, dichiarava la Corte territoriale, era desumibile dalla circostanza che le prestazioni rese non avessero carattere continuativo, ma fossero eseguite “unicamente a seguito di chiamata per esigenze aziendali e si svolge(ssero) secondo tempi non prestabiliti, ma rimessi alla disponibilità della lavoratrice”.

Esecuzione delle prestazioni e discontinuità dell’attività lavorativa

La lavoratrice propone ricorso per cassazione, contro il quale resiste la società datrice di lavoro.

Nell'unico motivo di ricorso la lavoratrice denuncia l'accertamento, durante l’istruttoria di primo grado, dell'esistenza di un potere direttivo in capo al datore di lavoro e la soggezione della lavoratrice alle direttive e agli ordini dello stesso. Inoltre, evidenzia la lavoratrice, provano la subordinazione l’esecuzione delle prestazioni di lavoro nella struttura aziendale con materiali e attrezzature del datore, il rispetto di un orario determinato, l'obbligo di giustificare le assenze, il pagamento di un compenso fisso a cadenza mensile anche tramite voucher.

La Corte d'Appello ha inoltre errato nell’escludere la natura subordinata delle prestazioni perché svolte con cadenza non costante, non essendo la discontinuità dell’attività lavorativa incompatibile con la subordinazione.

Rapporto di lavoro autonomo o subordinato: criteri di qualificazione

Preliminarmente la Corte di Cassazione, richiamando la sua giurisprudenza costante, rileva che in sede di legittimità, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile solo l’individuazione del parametro normativo da applicare al caso concreto. Diversamente è incensurabile, se adeguatamente motivata e esente da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali in quanto costituente accertamento di fatto.

Con riferimento allo schema normativo delineato dall'art. 2094 cod. civ., i giudici di legittimità rilevano che:

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato dalla lavoratrice ritenendo che le censure mosse non attengono la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, ma investono solo la valutazione delle risultanze processuali che non è suscettibile di esame in sede di legittimità.

La Corte Suprema fa, infine, un rilievo sostanziale: gli elementi indiziari evidenziati nel motivo di ricorso non sono astrattamente incompatibili con forme di lavoro diverse da quello descritto dall’art. 2094 c.c., come il lavoro accessorio (artt. 48 e ss. D.Lgs 81 del 2015).

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