L'accordo tra coniugi relativo al trasferimento immobiliare, anche se deriva da una sentenza di separazione giudiziale passata in giudicato, può essere impugnato come qualsiasi altro atto negoziale.
Tale sentenza, infatti, ha solo efficacia dichiarativa e non modifica la natura contrattuale privata dell'accordo.
Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione, Terza sezione civile, con la sentenza n. 26127 del 7 ottobre 2024.
Nella vicenda esaminata, un terzo creditore aveva esperito azione revocatoria contro l'accordo patrimoniale tra un ex marito e la sua ex moglie, in cui l'uomo aveva trasferito la proprietà dell'unico immobile di cui era titolare alla donna.
La questione posta all'attenzione degli Ermellini concerneva la possibilità o meno di impugnare l'accordo in esame, stipulato in sede di separazione giudiziale, anche se tale accordo era stato ricevuto in una pronuncia passata in giudicato.
L'ex marito si era rivolto alla Cassazione esponendo che il trasferimento della proprietà non scaturiva da un verbale di separazione consensuale ma da una pronuncia passata in giudicato su separazione giudiziale e costituiva l'adempimento di una statuizione in esso contenuta.
Ne conseguiva che l'atto dispositivo doveva essere inquadrato nella categoria dell'atto dovuto, come tale non revocabile ex articolo 2901, terzo comma, codice civile e contro il quale era esperibile il solo rimedio dell'opposizione di terzo.
La Corte di cassazione ha ritenuto il motivo infondato, ricordando, innanzitutto, di non aver mai dubitato della esperibilità dell'actio pauliana, in relazione ad atti traslativi riversati negli accordi di separazione consensuale o di divorzio congiunto.
Al tempo stesso, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente riconosciuto la validità delle clausole dell'accordo di separazione che, nel quadro della complessiva regolamentazione dei rapporti fra coniuge, prevedono il trasferimento di immobili ovvero la costituzione di diritti reali minori tra cui il diritto di abitazione.
Considerato, tuttavia, che le pattuizioni del genere ben possono rivelarsi lesive, in concreto, dell'interesse dei creditori, si è pure affermato che nessuno ostacolo testuale o logico-giuridico si frappone alla loro impugnazione, ove ricorrano i relativi presupposti tramite azione revocatoria, tanto ordinaria che fallimentare.
Per la Corte, in altri termini, non esiste un ostacolo all'applicazione dell'azione revocatoria in questi casi, sia ordinaria che fallimentare.
Principio, questo, che trova applicazione anche nel contesto delle separazioni giudiziali, in cui la sentenza che recepisce l'accordo tra le parti non ne altera la natura contrattuale, né impedisce la tutela degli interessi dei creditori.
Le Sezioni Unite della Cassazione, infatti, hanno affermato il valore meramente dichiarativo della sentenza di separazione o di divorzio, in relazione alle pattuizioni sui rapporti economici.
Da qui l'enunciazione del principio secondo cui:
La Suprema corte, in definitiva, ha confermato la validità dell'azione revocatoria proposta.
In primo luogo, il trasferimento immobiliare ricompreso nell'accordo non derivava da un obbligo di mantenimento, ma aveva carattere gratuito.
Inoltre, andava considerato che l'accordo patrimoniale derivante da separazione, anche se omologato o ratificato da una sentenza, restava un atto negoziale e poteva essere soggetto a impugnazioni, come l'actio pauliana, risultando pregiudizievole per i creditori.
Si riepilogano, di seguito, le motivazioni alla base delle conclusioni della Cassazione:
Sintesi del caso | Un creditore ha avviato un’azione revocatoria contro un accordo patrimoniale, in cui un ex marito ha trasferito alla moglie l'unico immobile di sua proprietà, nell'ambito di una separazione giudiziale. |
Questione dibattuta | La possibilità di impugnare un accordo patrimoniale di trasferimento immobiliare stipulato in una separazione giudiziale e recepito in una sentenza passata in giudicato. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Corte ha stabilito che l'accordo, pur recepito in una sentenza definitiva, può essere impugnato se pregiudica i diritti dei creditori, poiché la sentenza ha solo efficacia dichiarativa e non incide sulla natura contrattuale privata dell'atto. |
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