Possono accedere all'Anticipo PEnsionistico (APE sociale) anche i soggetti disoccupati che, pur non avendo fruito dell’indennità di disoccupazione per mancanza del relativo diritto, risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa.
E' questa l'interpretazione dell’art. 1, comma 179, lett. a), Legge n. 232/2016, fornita dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 7846 del 25 marzo 2025.
All'attenzione della Suprema Corte era posta la domanda di un lavoratore volta a conseguire l’indennità prevista dalla normativa sopra richiamata, cosiddetta APE sociale.
La Corte d'appello aveva rigettato tale domanda, ritenendo che la fruizione dell’indennità di disoccupazione nei tre mesi precedenti alla domanda amministrativa costituisse requisito indefettibile per l’accesso all’indennità.
I giudici di secondo grado, inoltre, sul presupposto incontroverso che l’istante non ne avesse beneficiato in occasione di entrambi i licenziamenti intimatigli, aveva reputato che la mera condizione di disoccupazione non giovasse al relativo scopo.
Il lavoratore si era opposto a tali statuizioni, avanzando ricorso per cassazione.
Il ricorrente, in particolare, contestava la decisione nella parte in cui subordinava l’accesso all’APE sociale alla conclusione, da almeno tre mesi, della fruizione dell’indennità di disoccupazione, nonostante il possesso degli altri requisiti previsti.
Secondo la difesa del richiedente, infatti, i principi solidaristici che promanano dalle norme di cui agli artt. 2 e 3, comma 2°, della Costituzione e l’esigenza di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui al successivo art. 97, militavano per una diversa lettura dei requisiti per l’accesso all’indennità de qua, volta a valorizzare la condizione di disoccupazione ancorché non accompagnata dalla fruizione della relativa prestazione.
La Sezione Tributaria della Cassazione ha giudicato fondate le doglianze sollevate dall'istante.
Nella propria disamina, la Cassazione ha ricordato come l’art. 1, comma 179, della Legge richiamata abbia introdotto “in via sperimentale” una “indennità per una durata non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e il conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia”.
Tale indennità è stata introdotta a beneficio degli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) e alle forme pensionistiche sostitutive ed esclusive della pensione di vecchiaia che si trovino in condizioni peculiari in quanto disoccupati, invalidi, addetti a mansioni particolarmente gravose o prestatori di cura in favore di parenti con disabilità grave.
In proposito, la Corte ha ricordato come la giurisprudenza (Cassazione n. 24950/2024) ha già chiarito che, per accedere all’APE sociale, è necessario lo stato di disoccupazione, ma non è richiesto che il soggetto abbia effettivamente percepito l’indennità NAspi; se tale indennità è stata fruita, devono comunque essere trascorsi almeno tre mesi dalla sua cessazione.
La lettera della norma in esame - è stato evidenziato - non istituisce alcuna correlazione positiva tra la percezione dell’indennità di disoccupazione e la fruizione dell’APE sociale.
Sono infatti diversi i requisiti contributivi per l’accesso alle due prestazioni, e non è prevista alcuna continuità tra di esse.
Per contro, ove si sia percepita l’una debbono trascorrere almeno tre mesi per poter beneficiare dell’altra.
E' proprio tale correlazione meramente negativa ad indurre a ritenere che il riferimento alla cessazione da almeno tre mesi della fruizione dell’indennità di disoccupazione valga semplicemente ad evidenziare un particolare stato di bisogno della persona che il legislatore ha ritenuto meritevole di tutela e protezione e che, ovviamente, è tanto più rilevante allorché non si sia nemmeno fruito dell’indennità di disoccupazione.
Ebbene, la Cassazione ha ritenuto tale orientamento meritevole di essere ribadito.
Secondo gli Ermellini, in primo luogo, va escluso che l’accesso all'APE possa consentirsi anche a coloro che, pur avendo maturato il diritto di usufruire delle prestazioni a tutela della disoccupazione, omettano di richiederle in via amministrativa.
In conformità al principio di indisponibilità delle prestazioni previdenziali – secondo cui l’assicurato non può decidere discrezionalmente il periodo di fruizione dei trattamenti a sostegno del reddito – si deve ritenere che l’accesso all’APE sociale da parte di chi non ha percepito l’indennità di disoccupazione sia ammesso solo qualora tale prestazione non spettasse, per l’attività lavorativa svolta o per la mancanza del requisito contributivo richiesto.
In secondo luogo, la diversa interpretazione sostenuta dall’INPS potrebbe risultare costituzionalmente illegittima, poiché determinerebbe una disparità di trattamento tra soggetti in stato di bisogno, penalizzando proprio coloro che non hanno potuto accedere all’indennità di disoccupazione.
Sotto questo aspetto, è significativo rilevare che l’obbligo di un intervallo minimo di tre mesi tra la conclusione dell’indennità di disoccupazione e l’accesso all’APE sociale è stato successivamente eliminato.
La modifica legislativa in esame, del resto, non conferma un legame necessario tra indennità di disoccupazione e APE sociale, ma corregge una criticità che penalizzava chi, terminata l’indennità di disoccupazione, era costretto ad attendere tre mesi senza alcun sostegno economico prima di poter accedere all’APE sociale.
Non possono essere considerati validi, in senso contrario, gli argomenti basati sull’eventuale ampliamento della platea dei beneficiari, né sull’incremento della spesa o sulle difficoltà nella verifica periodica delle risorse finanziarie disponibili.
Sebbene l’art. 38, comma 2, Cost. attribuisca al legislatore la discrezionalità nel definire tempi, modalità e misura delle prestazioni sociali, tale discrezionalità deve rispettare un equilibrio con altri diritti costituzionali. L’equilibrio di bilancio, infatti, non può prevalere su principi fondamentali come l’uguaglianza e la solidarietà, che devono essere sempre garantiti.
Il ricorso dell'istante, in definitiva, è stato accolto, con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, che, nella propria valutazione, dovrà attenersi al seguente principio di diritto espressamente enunciato dalla Cassazione:
“l’art. 1, comma 179, lett. a), L. n. 232/2016, si interpreta nel senso hanno diritto all’indennità ivi disciplinata non solo coloro che hanno in precedenza fruito dell’indennità di disoccupazione, ma anche coloro che, pur trovandosi in condizione di disoccupazione e in possesso degli ulteriori requisiti anagrafici e di anzianità contributiva ivi descritti, non hanno fruito dell’indennità di disoccupazione perché non spettante".
Sintesi del caso | Il ricorrente aveva richiesto l’accesso all’APE sociale (Anticipo PEnsionistico) pur non avendo fruito della prestazione di disoccupazione, sostenendo di trovarsi comunque in stato di disoccupazione involontaria e in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti. |
Questione dibattuta | Se il diritto all’indennità APE sociale sia subordinato alla condizione che il richiedente abbia usufruito dell’indennità di disoccupazione, oppure se basti trovarsi in stato di disoccupazione involontaria e soddisfare i requisiti previsti dalla legge. |
Soluzione della Cassazione | La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, sentenza n. 7846 del 25 marzo 2025) ha stabilito che hanno diritto all’APE sociale anche coloro che non hanno fruito dell’indennità di disoccupazione perché non spettante, purché siano in stato di disoccupazione e in possesso dei requisiti previsti. |
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".