Assegno divorzile, nuovo indirizzo sui processi in corso

Pubblicato il 29 aprile 2019

Ultimi chiarimenti della Corte di cassazione per quanto riguarda le conseguenze dell’intervento delle Sezioni Unite civili del 2018 in tema di assegno di divorzio, sui processi in corso.

Il nuovo indirizzo interpretativo reso dalla Suprema corte, con cui è stata precisata la funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa dell’assegno divorzile, ha infatti comportato non solo una diversa valutazione giuridica di un quadro fattuale inalterato, ma anche la valorizzazione di aspetti fattuali ulteriori, non presi in considerazione precedentemente perché non rilevanti.

Il nuovo indirizzo delle Sezioni Unite - 2018

Con la citata pronuncia (n. 18287/2018), si rammenta, le SU hanno sancito, in primo luogo, l’abbandono dei vecchi automatismi del tenore di vita e del criterio dell'autosufficienza, e della concezione bifasica del procedimento di determinazione dell'assegno divorzile, accantonando anche la concezione che riconosce la natura meramente assistenziale dell'assegno di divorzio nonché la concezione assolutistica ed astratta del criterio “adeguatezza/inadeguatezza dei mezzi”, in favore di una visione che propende per la causa concreta e lo contestualizza nella specifica vicenda coniugale.

Inoltre, è stata ritenuta necessaria l’equiordinazione dei criteri previsti dall'art. 5, comma 6, della Legge n. 898/1970 nonché una valutazione dell'intera storia coniugale e una prognosi futura delle condizioni dell'avente diritto all'assegno e della durata del matrimonio.

Casi di sopravvenienza della pronuncia su assegno impugnato

La Prima sezione civile, con sentenza n. 11178 del 23 aprile 2019, si è occupata, in particolare, della fattispecie della sopravvenienza della pronuncia delle Sezioni Unite qualora la statuizione della Corte d’appello sull’assegno di divorzio, quanto alla sua spettanza, ed eventualmente, alla sua concreta quantificazione, sia già stata oggetto di impugnazione in Cassazione, benché ancora non definita dalla Corte di legittimità.

Secondo la Corte, è ragionevole ipotizzare che in una simile fattispecie la Cassazione possa decidere nel merito la causa se, per l’applicazione della nuova regola affermata dalle SU, non sia necessario l’accertamento di nuovi fatti.

Diversamente, la medesima Corte di legittimità dovrà cassare con rinvio la sentenza impugnata, con conseguente vincolo per il giudice ad quem di attenersi alla nuova regola e fermo restando che anche nel giudizio di rinvio le parti potranno essere rimesse nei poteri di allegazione e prove conseguenti al dictum delle Sezioni Unite.

Mutamento giurisprudenziale, valenza

Gli Ermellini, in proposito, hanno anche ricordato che l’interpretazione delle norme giuridiche da parte della Corte di cassazione e, in particolare, delle Sezioni Unite mira ad una tendenziale stabilità e valenza generale, sul presupposto, tuttavia, di una efficacia non cogente ma solo persuasiva, sicché un mutamento di orientamento reso in sede di nomofiliachia non soggiace al principio di irretroattività, non è assimilabile allo ius superveniens ed è suscettibile di essere disatteso dal giudice di merito.

Dall’altro, hanno però precisato che la Suprema corte, ove i motivi di ricorso la investano di censura di violazione o falsa applicazione di una norma di diritto con riguardo alla quale sia intervenuto un mutamento della giurisprudenza di legittimità, deve giudicare sulla base del nuovo orientamento giurisprudenziale della stessa Corte, in quanto il giudizio di cassazione ha ad oggetto non l’operato del giudice di merito ma la conformità della decisione adottata all’ordinamento giuridico.

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