Azione di risarcimento danni. La prescrizione decorre da quando l’illecito diventa percepibile

Pubblicato il 08 aprile 2015 Nel diritto al risarcimento del danno sia per responsabilità contrattuale che extracontrattuale, il termine di prescrizione comincia a decorrere, non già nel momento in cui il fatto del terzo viene a ledere l’altrui diritto, bensì nel momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, diventando percepibile e riconoscibile.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con sentenza n. 6921 depositata il 7 aprile 2015, relativamente alla vicenda di un titolare di s.r.l. che aveva citato in giudizio il proprio commercialista, per aver quest’ultimo, approfittando del proprio mandato professionale, distratto delle somme di denaro da conti correnti bancari medianti l’impiego di deleghe in bianco e sottratto documentazione fiscale-contributiva.

Il titolare di società attualmente ricorrente, chiedeva pertanto la condanna del professionista alla restituzione delle somme illecitamente distratte, nonché, la condanna dello stesso al risarcimento di tutti i danni derivanti dalle sue condotte illecite.

La Cassazione in proposito –cassando la pronuncia della Corte territoriale – ha rilevato come i giudici di merito abbiano erroneamente ritenuto prescritta la domanda di risarcimento azionata dal ricorrente per la responsabilità professionale del commercialista.

Pur correttamente individuando il termine di prescrizione in cinque anni dalla commissione dei fatti di reato (nella fattispecie, di appropriazione), la Corte territoriale avrebbe tuttavia errato nel calcolare il dies a quo, alla luce dei principi che regolano il mandato professionale.

Nel caso di specie infatti, il dies a quo non può farsi decorrere prima della cessazione del rapporto professionale o comunque, prima che il professionista abbia adempiuto il suo obbligo di rendere il conto, a nulla rilevando in proposito che gli illeciti – come nel caso in esame – siano stati commessi in epoca anteriore.

E’ infatti non conforme alla legge – ha proseguito la Suprema Corte – far decorrere la prescrizione dalla commissione del fatto illecito anziché dal suo manifestarsi all’esterno.
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