Carcere anziché braccialetto elettronico? Serve la motivazione

Pubblicato il 19 novembre 2015

Nel disporre la custodia cautelare in carcere, il giudice è tenuto a specificare quali sono le ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari, in ipotesi, anche con l'"aggravante" del controllo mediante braccialetto elettronico.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 45699 depositata il 18 novembre 2015, parzialmente accogliendo il ricorso di un indagato avverso il rigetto dell'istanza di sostituzione della comminatagli misura carceraria con quella meno restrittiva degli arresti domiciliari, in relazione a reati connessi al traffico di stupefacenti.

La Cassazione, in particolare, ha annullato l'ordinanza impugnata, limitatamente all'omessa motivazione, da parte del Tribunale del riesame, sull'idoneità o meno, nel caso di specie, della misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275 bis. c.p.p.

Invero, a parere della Suprema Corte, i giudici del riesame non avrebbero tenuto nella dovuta considerazione il recente intervento legislativo in materia (Legge 16.04.2015 n. 47 "Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali"), che va ad operare su diversi aspetti importanti.

Giudice deve motivare l'inidoneità dei domiciliari "aggravati"

E per quello che qui maggiormente rileva, la specifica considerazione per cui gli arresti domiciliari unitamente al c.d. braccialetto elettronico sono uno strumento volto a scongiurare la massima privazione di libertà, implica senz'altro che il giudice sia tenuto a motivare l'inidoneità, nel caso de quo, dei predetti arresti "aggravati" (ciò che invece non ha fatto, essendosi esclusivamente limitato a chiarire le ragioni dell'inadeguatezza dei domiciliari "semplici").  

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