Carta aziendale oltre il servizio, è peculato

Pubblicato il 19 febbraio 2016

La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha confermato la condanna per peculato continuato a carico dell’ex Direttore di un Telegiornale Rai, per aver, in qualità di incaricato di pubblico servizio, indebitamente utilizzato la carta di credito aziendale per spese personali o comunque non inerenti al servizio.

Ha infatti rilevato la Corte – confermando quanto dedotto in appello – la sistematica violazione da parte del Direttore ricorrente, delle regole aziendali – a lui formalmente comunicate e quindi ben note – mediante l’utilizzo pressoché quotidiano (anche in giorni festivi ed in periodi di vacanza) della carta di  credito aziendale per la consumazione di pasti (nella maggior parte dei casi per due persone) per cifre piuttosto rilevanti, senza mai documentare le ragioni di rappresentanza né indicare i beneficiari della spesa e soprattutto, senza mai richiedere l’approvazione del Direttore Generale prevista nei casi di particolari esigenze di riservatezza.

Direttore Rai è incaricato di pubblico servizio

Nel respingere l’ulteriore censura, la Cassazione, con sentenza n. 6405 depositata il 17 febbraio 2016, ha infine precisato che il Direttore di un Tg Rai riveste a tutti gli effetti la qualità di incaricato di pubblico servizio, a prescindere dalla natura privata di tale società, in ragione della indubbia natura pubblicistica dell’attività di informazione radio – televisiva svolta dalla Rai.

Tale attività si caratterizza infatti per la diretta inerenza al preminente interesse generale ad un’informazione corretta e pluralista, concretandosi in un servizio offerto alla generalità dei cittadini da un soggetto – la Rai S.p.a. – che nonostante la veste di società per azioni, è: designato dalla legge quale concessionario dell’essenziale servizio pubblico radio televisivo; sottoposto a vigilanza da parte di apposita commissione parlamentare; destinatario di un canone avente natura di imposta.

Sicché l’attività in concreto svolta dal ricorrente, pur senza i poteri autoritativi e certificatici propri della pubblica funzione, attiene ai bisogni di pubblico interesse non avente carattere industriale e commerciale, il cui soddisfacimento è perseguito istituzionalmente con capitali pubblici e secondo forme determinate da regolamentazione pubblicistica, rientrando così nell'alveo della prestazione di pubblico servizio ex art. 358 c.p.

 

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