In quanto atto interno dell’amministrazione senza efficacia normativa esterna, è priva di valore vincolante la circolare del Ministero del Lavoro n. 12/2016 che introduce nuove eccezioni all’applicabilità della procedura delle dimissioni telematiche. Le deroghe previste dall'art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 rivestono infatti natura tassativa.
A censurare il documento di prassi è la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 24991 dell’11 settembre 2025, che ha escluso l’applicazione analogica di deroghe non previste dalla legge, confermando che anche durante il periodo di prova opera la facoltà di revoca unilaterale entro 7 giorni.
Le dimissioni sono un atto di recesso volontario del lavoratore. Si tratta di un negozio unilaterale recettizio, che produce effetti dal momento in cui il datore di lavoro ne viene a conoscenza.
Dal 12 marzo 2016, le dimissioni e le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro subordinato devono essere effettuate, a pena di inefficacia, solo con modalità telematiche, attraverso il modello predisposto dal Ministero del Lavoro.
La finalità è contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco e garantire la genuinità della volontà del lavoratore.
Le dimissioni telematiche si applicano a tutti i rapporti di lavoro subordinato, con le seguenti eccezioni tassative previste dall'art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 (attuato dal decreto del 15 dicembre 2015):
La circolare Ministero del Lavoro 4 marzo 2016, n. 12 include tra le eccezioni anche i recessi durante il periodo di prova (art. 2096 c.c.) e i rapporti di lavoro marittimo, disciplinati dal Codice della Navigazione.
Con le medesime modalità telematiche il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo al Ministero del lavoro.
La controversia di cui all’ordinanza n. 24991 dell’11 settembre 2025 verte sulla possibilità di revoca delle dimissioni durante il periodo di prova, in relazione all’applicazione dell’art. 26 D.Lgs. n. 151/2015.
La vicenda trae origine dal ricorso di un datore di lavoro contro la sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la pronuncia del Tribunale adito in primo grado dal lavoratore.
Più nel dettaglio, in primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto efficace la revoca delle dimissioni (rassegnate il 5 settembre 2019 e revocate il 12 settembre 2019), disponendo la riammissione in servizio. ma escludendo il diritto alle retribuzioni maturate nel frattempo, stante il ripristino del rapporto nella fase di prova.
In appello, la Corte territoriale aveva confermato tale interpretazione, sottolineando che l’art. 26 D.Lgs. 151/2015 non prevede alcuna esclusione per le dimissioni in periodo di prova.
Il datore di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione affidandosi a due motivi (violazione dell’art. 26 D.Lgs. 151/2015 e violazione dell’art. 2096 c.c.), entrambi ritenuti infondati dalla Suprema Corte.
Il primo motivo riguardava l’asserita inapplicabilità della disciplina delle dimissioni telematiche e revocabili entro 7 giorni ai rapporti in periodo di prova.
La Corte di Cassazione ha innanzitutto chiarito che le esclusioni espresse dall’art. 26 riguardano solo lavoro domestico, dimissioni in sedi protette e rapporti con la P.A. (commi 7 e 8-bis).
Gli Ermellini hanno poi ritenuto priva di valore vincolante la circolare ministeriale n. 12/2016, in quanto atto interno dell’amministrazione senza efficacia normativa esterna, escludendo l’applicazione analogica di deroghe non previste dalla legge e confermando che anche durante il periodo di prova opera la facoltà di revoca unilaterale-
La circolare del Ministero del Lavoro n. 12/2016, sottolinea la Suprema Corte, nel prevedere un’esclusione del periodo di prova dall’ambito di applicazione dell’art. 26 D.Lgs. 151/2015, introduce una deroga non contemplata dalla norma primaria.
Tale esclusione, non essendo prevista espressamente dal legislatore, non può assumere alcuna rilevanza vincolante.
Le circolari ministeriali sono qualificate come atti interni di indirizzo amministrativo, destinati ad uniformare l’azione degli uffici sottordinati, ma privi di efficacia esterna. Esse non creano diritto, non limitano la posizione del cittadino né vincolano l’interpretazione giudiziale.
Sulla natura giuridica delle circolari amministrative, la Corte richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, n. 3457/2012; sez. III, n. 4478/2016), che ha chiarito come le circolari abbiano valenza esclusivamente interna:
Conseguentemente, la circolare n. 12/2016, laddove interpreta l’art. 26 estendendo l’esclusione anche al periodo di prova, eccede i limiti dell’attività interpretativa e assume un carattere innovativo e derogatorio, non consentito.
La Corte sottolinea che le finalità dei due istituti sono autonome e non interferenti:
Non essendovi identità di ratio, non è possibile estendere analogicamente le deroghe previste ai commi 7 e 8-bis dell’art. 26 al periodo di prova.
La Suprema Corte conclude che:
In tal modo, viene riaffermato il principio secondo cui le deroghe alla disciplina delle dimissioni telematiche e della loro revocabilità sono tassative e di stretta interpretazione, non estensibili oltre i casi previsti dal legislatore.
Il secondo motivo censurava l’ordine di reintegrazione nel rapporto, sostenendo che al lavoratore spettasse soltanto un risarcimento del danno.
La Cassazione ha respinto la tesi, rilevando che:
La Suprema Corte ha respinto il ricorso del datore di lavoro e confermato l’ordine di riammissione in servizio del lavoratore, con ripristino del periodo di prova.
Dall’ordinanza n. 24991 dell’11 settembre 2025 emergono i seguenti principi:
La pronuncia consolida un orientamento che rafforza la tutela del lavoratore dimissionario, chiarendo che la disciplina delle dimissioni telematiche e della loro revocabilità si applica senza eccezioni anche ai rapporti in prova.
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