Commercialisti al Senato: fatturazione elettronica graduale e taglio Irpef con poco appeal

Pubblicato il 14 settembre 2018

In Commissione Finanze del Senato del 13 settembre 2018, i commercialisti, guidati dal Presidente Massimo Miani, si sono espressi in materia di semplificazioni del sistema tributario e di rapporto tra contribuenti e Fisco.

Il numero uno del Consiglio Nazionale dei commercialisti, affiancato dai consiglieri Maurizio Postal e Gilberto Gelosa, ha presentato nel corso dell’audizione un documento di 57 pagine, nel quale sono state riepilogate 43 proposte di intervento o modifica.

Molte sono delle vere e proprie semplificazioni di specifici adempimenti, soprattutto in vista della prossima entrata in vigore dell’obbligo della fatturazione elettronica per tutti.

Nello specifico, i commercialisti, in un’ottica di semplificazione del sistema fiscale, hanno:

Perplessità per la mancata gradualità nel passaggio alla fatturazione elettronica

Uno dei temi caldi affrontati dai commercialisti è quello relativo alla fatturazione elettronica tra privati, in vista della sua prossima partenza. Secondo il Presidente Miani, l’avvio del nuovo obbligo per tutti a partire da gennaio 2019 rischia di trovare molti contribuenti impreparati, in particolar modo quelli meno strutturati e di minori dimensioni.

Per questo motivo, la categoria ha suggerito la sterilizzazione delle sanzioni legate all'adempimento fino al 30 giugno 2019 e richiesto un avvio scaglionato: con partenza iniziale per le imprese quotate e quelle di grandi dimensioni; a seguire gli altri soggetti con più di 50 dipendenti; poi, i soggetti con più di 10 dipendenti e, infine, tutti gli altri soggetti non esonerati da detto obbligo. In tal modo, l'adempimento in via obbligatoria dovrebbe entrare a regime nel 2022.

In alternativa, si propone il rinvio di un anno del termine di decorrenza dell’obbligo in oggetto per i soggetti di minori dimensioni che adottano il regime di contabilità semplificata.

Dal taglio Irpef pochi vantaggi

Riguardo al taglio dell’aliquota Irpef dal 23% al 22%, i commercialisti hanno condiviso le perplessità di quanti hanno evidenziato come la riduzione al 22% dell’attuale aliquota Irpef del 23% possa, di fatto, produrre scarsi vantaggi.

Il documento del Cndcec evidenzia come, sulla base dei dati delle dichiarazioni fiscali presentate nel 2017, la riduzione dal 23% al 22% dell’aliquota Irpef costa ben 4,1 miliardi di euro, ma, interessando tutti i 30,8 milioni di contribuenti che dichiarano una imposta netta positiva, determina un vantaggio individuale molto esiguo, pari a 12,5 euro al mese per i 22 milioni di contribuenti che dichiarano un reddito superiore a 15.000 euro e pari a 7,3 euro al mese per gli 8,8 milioni di contribuenti che dichiarano meno di 15.000 euro di reddito.

Per tali concrete ragioni, il presidente Miani ha invitato Governo e maggioranza a concentrare le risorse su interventi più mirati che possano lasciare veramente il segno, come quelli sulle partite IVA, tenendo conto però dei suggerimenti offerti dalla categoria, per non creare pericolosi effetti distorsivi.

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