Commercialisti discriminati dal contributo a fondo perduto

Pubblicato il 01 settembre 2020

Nel corso dell’audizione di ieri in Commissione Bilancio del Senato sul Decreto Agosto è intervenuto anche il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti contabili, rappresentato dal consigliere nazionale e tesoriere Roberto Cunsolo.

L’occasione è stata colta dai professionisti per rilanciare alcune delle loro richieste.

Commercialisti, sì al contributo a fondo perduto

Cunsolo ha rimarcato come la disposizione del Decreto Rilancio, che prevede un contributo a fondo perduto per le partite Iva, sia stata discriminatoria nei confronti dei professionisti ordinistici.

Si tratta - a detta del portavoce della categoria - di una discriminazione del Legislatore che espressamente ha escluso dal beneficio “tutti i professionisti iscritti” alle Casse di previdenza private (c.d. “ordinistici”), al contrario di quanto avvenuto per le partite Iva iscritte all'Inps.

Trattare in modo così differenziato le partite Iva in base all’Ente cui versano i contributi, “introduce un’evidente disparità di trattamento” – secondo Cunsoloche “finisce per essere discriminatoria e contraria al principio costituzionale di uguaglianza nonché all’ormai consolidato principio unionale di pari dignità dell’iniziativa economica e di equivalenza tra liberi professionisti e Pmi, anche ai fini dell’accesso ai fondi europei e alle altre misure di sostegno a tali attività”.

Di qui, la richiesta di rimuovere tale esclusione attualmente prevista dal Decreto Rilancio, attraverso modifiche legislative che rivedano il perimetro del contributo a fondo perduto.

Commercialisti, versamenti e sblocco delle compensazioni

L’ulteriore fronte su cui si sono espressi, ieri, i commercialisti è stato quello dei versamenti.

Dopo la scadenza del 20 agosto, secondo la categoria, sarebbe opportuno rivedere l’agenda dei versamenti per effettuare qualche aggiustamento.

L’eccessivo numero di decreti e documenti emessi per far fronte al Covid-19 ha creato l’esigenza di una rimessione dei termini totale di tutti i versamenti scaduti dall’8 marzo al 20 agosto.

I commercialisti propongono:

Infine, è stato chiesto di intervenire anche sullo sblocco delle compensazioni dei crediti, riconoscendo questa correzione normativa “prioritaria nell’attuale periodo emergenziale”.

Per i commercialisti la scelta migliore sarebbe quella di procedere allo “sblocco delle compensazioni dei crediti relativi alle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, quanto meno per quelli maturati nel 2019, eliminando il vincolo, introdotto soltanto da quest’anno, della previa presentazione della dichiarazione dei redditi da cui il credito emerge”.

La scelta “si riferisce, per la maggior parte, a crediti Irpef derivanti dalle ritenute d’acconto già subite dai contribuenti nel 2019 e che, risultando eccedenti rispetto all’imposta dovuta per tale annualità, sarebbe giusto consentire al contribuente di compensare con eventuali suoi debiti d’imposta, a prescindere dalla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al 2019, in analogia a quanto previsto fino all’anno scorso” per “importi superiori ai 5.000 euro annui”.

Consulenti del lavoro su esonero contributivo e proroga blocco licenziamenti

Sul decreto n. 104/2020 si è espresso anche il Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro, tramite il segretario Francesco Duraccio.

L’elevato numero di richieste di Cassa integrazione in deroga approdate sui tavoli dei consulenti durante il periodo emergenziale (circa il 94% delle domande), porta a pensare che sarebbe stato “opportuno” un “maggior coinvolgimento della categoria” nella stesura dei provvedimenti governativi, anche per evitare “criticità”, come quella riguardante la norma sul blocco dei licenziamenti per ragioni economiche.

Proprio sulla proroga del divieto di licenziamento, la critica mossa dai consulenti è che la scadenza del 17 agosto è stata sostituita da una nuova scadenza mobile, che necessariamente richiede al professionista di dover obbligatoriamente “verificare, caso per caso”, una soglia che “varierà” per i diversi datori di lavoro.

Infine, anche per ciò che riguarda il tema dell’esonero dai contributi previdenziali, i consulenti del lavoro hanno ritenuto che la disposizione sia stata strutturata in maniera penalizzante per alcuni: per esempio tutte quelle aziende virtuose che nei primi mesi del Coronavirus hanno preferito dare ferie e permessi ai propri dipendenti, invece di ricorrere agli ammortizzatori.

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