L’accesso alla procedura di composizione della crisi, accompagnato da verifiche oggettive sull’equilibrio aziendale e sulla regolarità gestionale, può portare ad escludere il sequestro cautelare, in quanto incompatibile con la mancanza di un concreto rischio di dispersione del profitto illecito.
Con la sentenza n. 30109 depositata il 2 settembre 2025, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha affrontato il tema dell’incidenza della composizione negoziata della crisi sulla legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei reati tributari.
Il caso alla sua attenzione riguardava il legale rappresentante di una società e la società medesima, rispettivamente indagati per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e per l'illecito amministrativo ex art. 25 quinquiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001.
Il GIP aveva disposto il sequestro preventivo per un importo pari a 13,8 milioni di euro, ritenuto profitto del reato.
Il Tribunale, accogliendo l’istanza di riesame, aveva annullato il sequestro, escludendo la sussistenza del periculum in mora.
Il pubblico ministero europeo ha impugnato l’ordinanza, ma la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale logica, congrua e non apparente.
La Suprema Corte ha ribadito che il periculum in mora deve emergere da elementi concreti che dimostrino il rischio effettivo che i beni, in assenza di sequestro, possano essere dispersi, alienati o modificati, rendendo inefficace la futura confisca.
Il ruolo della composizione negoziata della crisi
Determinante, nel caso di specie, è stata ritenuta la documentazione offerta dalla società nell’ambito della procedura di composizione negoziata della crisi.
Il Tribunale, in particolare, aveva valorizzato:
Richiamo ai principi delle Sezioni Unite: motivazione sul fumus e sul periculum
Per gli Ermellini, la decisione del Tribunale del riesame si poneva in linea con i principi ermeneutici enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 36959/2021: nel sequestro finalizzato alla confisca, è necessario motivare non solo il fumus commissi delicti, ma anche il periculum in mora, inteso in relazione alla funzione confiscatoria della misura.
Questo tipo di sequestro ha infatti natura anticipatoria rispetto alla confisca e si distingue dal sequestro con finalità impeditiva previsto dal primo comma dell’art. 321 c.p.p.
Il provvedimento di sequestro, in altri termini, deve motivare perché si ritiene necessario anticipare gli effetti della confisca, evidenziando gli elementi da cui emerge che attendere la conclusione del giudizio renderebbe la misura inefficace. La valutazione del periculum in mora deve quindi concentrarsi sul rischio che il bene venga, nel frattempo, disperso, alterato, deteriorato o alienato.
Ebbene, nel caso esaminato, l’ordinanza impugnata aveva escluso il periculum in mora sulla base di una motivazione articolata, fondata su elementi di fatto specifici e concreti, e non poteva pertanto essere qualificata come assente o meramente apparente.
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