Condannato il padrone del cane che disturba la quiete pubblica

Pubblicato il 20 febbraio 2015 Sussiste la fattispecie di “disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone” di cui all’art. 659 c.p., se i rumori abbiano una tale intensità da arrecare disturbo ad una pluralità di persone.

Tale principio è stato enunciato dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 7392 depositata il 19 febbraio 2015, relativa al ricorso presentato dai proprietari di un cane, avverso la pronuncia con cui il Tribunale li aveva condannati ex art. 659 c.p., per non aver impedito il continuo abbaiare del loro animale.

Lamentavano i ricorrenti, appellandosi al principio della plurioffensività della condotta, come, nel caso in questione, ad essere disturbati fossero stati solo i vicini denuncianti, considerato che non esisteva altro nucleo abitativo nei pressi.

In proposito la Cassazione, concordando con l’interpretazione del ricorrente, ha puntualizzato come la rilevanza penale della condotta produttiva dei rumori, censurati come forma di disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone, richieda l’incidenza sulla quiete pubblica, quale interesse che il legislatore intende qui tutelare.

Sicché i rumori e schiamazzi devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare.

Ciò detto, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale, perché conduca ulteriori indagini al fine di verificare se lo strepito degli animali abbia nel caso di specie caratteristiche tali da compromettere la pubblica quiete.
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