Confermato il licenziamento per il c.d. “furbetto del cartellino”

Pubblicato il 06 settembre 2017

Il Tribunale di Milano ha confermato il licenziamento disciplinare, intimato da un Ente pubblico ex art. 55 quater D.Lgs. 165/2001 - in applicazione della “c.d. Legge Madia”, D.Lgs. n. 116/2016 – ad un proprio dipendente che, senza timbrare il badge personalmente (ma facendolo timbrare ad un collega), aveva abbandonato il proprio posto di lavoro in anticipo rispetto all’orario prestabilito.

Licenziamento non incostituzionale

Rigettate in toto le censure del dipendente, circa la presunta incostituzionalità del predetto licenziamento, che avrebbe integrato – a suo dire – un caso di espulsione automatica dal rapporto di lavoro, come tale illegittimo.

Innanzitutto – chiarisce in proposito il Tribunale – l’invocato art. 55 quater, alla base del licenziamento, risulta “norma ad applicazione necessaria” da parte dell’Amministrazione, sicché non è contemplata alcuna possibilità di deroga a detta disposizione da parte delle fonti collettive. Non vi sono inoltre elementi di alcun tipo per giudicare irragionevole ex art. 3 Cost. la sanzione del licenziamento da parte del legislatore, considerato che la ratio legis della previsione consiste nel “potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e nel contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo” e dunque nel “tutelare la stessa immagine ed onorabilità degli enti pubblici”. Infine l’Amministrazione, prima di applicare la sanzione del licenziamento, ha opportunamente adottato il procedimento disciplinare previsto, con motivazioni ritenute congrue.

Grave intento doloso

Nel merito della questione – secondo i Giudici milanesi, con ordinanza del 30 agosto 2017 - risulta oltretutto provato il dolo nella condotta del dipendete, il quale non ha saputo rappresentare alcuna valida causa di giustificazione, né alcuna particolare concitazione che ne determinasse un eventuale stato di incapacità al momento dei fatti. La fattispecie integra dunque un grave intento doloso, volta ad indurre in errore il proprio datore di lavoro mediante l’artificio della falsa timbratura.

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