Con la sentenza n. 19 del 14 febbraio 2025, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità del meccanismo di “raffreddamento” della rivalutazione automatica delle pensioni introdotto dalla Legge di Bilancio per il 2023.
Tale sistema - disposto dall’art. 1, comma 309, della Legge n. 197/2022 - prevede una rivalutazione ridotta per le pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS, con percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo dell’assegno previdenziale.
Le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti per la Regione Toscana e per la Regione Campania avevano sollevato dubbi di costituzionalità, ritenendo che tale normativa fosse in contrasto con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza sanciti dalla Costituzione.
Secondo i giudici rimettenti, la norma in oggetto ridurrebbe ingiustificatamente il potere d’acquisto dei pensionati con trattamenti superiori a quattro volte il minimo INPS. La misura avrebbe inoltre un effetto di trascinamento, penalizzando in modo permanente le pensioni medio-alte e determinando una progressiva assimilazione delle pensioni previdenziali a trattamenti assistenziali.
Rilevata anche la mancanza di una chiara motivazione finanziaria, ritenendo che la limitazione della rivalutazione non fosse adeguatamente giustificata e che fosse irragionevole penalizzare solo una specifica fascia di pensionati per finanziare altre misure di bilancio.
Infine, è stato criticato il carattere non temporaneo dell’intervento, che si inserisce in una serie di provvedimenti analoghi reiterati negli ultimi anni, con violazione del principio di eccezionalità e di transitorietà delle restrizioni ai diritti pensionistici.
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate, confermando l'orientamento già espresso nella sentenza n. 234/2020.
La Consulta, in particolare, ha confermato che il legislatore ha discrezionalità nella modulazione della perequazione, purché la misura sia giustificata e non irragionevole.
Il meccanismo adottato, nella specie, non sospende l’indicizzazione, ma ne riduce progressivamente l’entità in base all’importo della pensione, salvaguardando integralmente quelle più basse e riconoscendo comunque un adeguamento, seppur ridotto, per quelle superiori. Questa impostazione risulta coerente con la giurisprudenza costituzionale, secondo cui le pensioni più alte hanno una maggiore capacità di resistenza all’erosione inflattiva.
Nella propria disamina, la Corte ha poi valutato le finalità della norma nel contesto economico, riconoscendo che la misura è giustificata dalla necessità di contenere la spesa pubblica e proteggere i pensionati con assegni più bassi dall’aumento dell’inflazione.
Il risparmio generato è stato destinato a interventi di sostegno al reddito, previdenza e politiche sociali, tra cui l’incremento delle pensioni minime e misure di assistenza per le categorie più fragili.
Di conseguenza, la scelta legislativa risulta coerente con gli obiettivi di redistribuzione delle risorse, senza configurare un trattamento discriminatorio.
Inoltre, la Corte ha respinto l’argomentazione secondo cui il sistema di rivalutazione limitata rappresenterebbe una forma di tassazione occulta o un contributo di solidarietà improprio, sottolineando che non si tratta di un prelievo fiscale, ma di una modulazione della perequazione pensionistica basata su criteri di sostenibilità.
Infine, è stata esclusa la violazione del principio di transitorietà delle restrizioni.
Nonostante la misura si inserisca in una serie di interventi analoghi degli ultimi anni, essa non comporta una sospensione permanente della perequazione, ma solo un raffreddamento temporaneo, compatibile con le esigenze di bilancio e i vincoli finanziari dello Stato.
Conclusione della Corte
In conclusione, la Corte ha ritenuto il sistema adottato legittimo, proporzionato e coerente con la Costituzione, lasciando tuttavia aperta la possibilità di futuri interventi per compensare eventuali effetti negativi.
Da segnalare che la Consulta, nella medesima decisione, ha dichiarato invece inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata relativamente all’art. 69, comma 1, della Legge n. 388/2000, in quanto norma non più applicabile dal 2022, essendo stata sostituita da altre disposizioni più recenti.
Sintesi del caso | La Corte Costituzionale ha esaminato la legittimità della riduzione della rivalutazione automatica delle pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS, introdotta dalla Legge di Bilancio 2023. |
Questione dibattuta | Le sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per Toscana e Campania hanno contestato la misura, ritenendola lesiva dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, e priva di una chiara giustificazione finanziaria. |
Soluzione della Corte costituzionale | La Corte ha ritenuto la misura legittima, in quanto giustificata da esigenze di contenimento della spesa pubblica e di redistribuzione delle risorse. Ha affermato che il legislatore ha discrezionalità nella perequazione pensionistica, purché non irragionevole. |
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