Corruzione e risparmio di imposta. Niente sequestro senza la certezza della pretesa del Fisco

Pubblicato il 09 marzo 2013 Con la sentenza n. 11029 dell’8 marzo 2013, la Cassazione ha annullato la decisone con cui il Tribunale di Bari aveva ritenuto legittimo il provvedimento emesso dal Gip, ai sensi del Decreto legislativo 231/2001, di sequestro, ai fini della confisca, di una somma pari a 60 milioni, equivalente alle tasse risparmiate da una società in considerazione del procedimento penale attivato a carico dell'amministratore della medesima, accusato di aver corrotto un giudice della commissione tributaria al fine di non pagare le imposte.

Secondo i giudici di Cassazione, in particolare, non sarebbe possibile, in sede penale, “stabilire se il "risparmio d'imposta" a seguito di sentenza di appello, oggetto di accordo corruttivo, confermativa della sentenza di primo grado, costituisca profitto del reato eventualmente commesso dall'esponente apicale della società X in concorso con il giudice tributario corrotto”. Ed infatti – sottolinea la Corte – la misura cautelare potrà essere applicata solamente una volta stabilito che la pretesa del Fisco sia fondata; decisione, nella specie, di competenza della Cassazione in sede civile in quanto la sentenza della commissione tributaria regionale era stata, nel frattempo, impugnata con ricorso in sede di legittimità.
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