Corte Giustizia UE, Imposta sui trasferimenti patrimoniali compatibile con la Direttiva Iva

Pubblicato il 15 giugno 2019

La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza pubblicata il 12 giugno 2019, relativa alla causa C-185/18, ha ritenuto compatibile con la direttiva 2006/112/Ce l’applicazione di un’imposta sui trasferimenti patrimoniali in relazione ad acquisti di beni effettuati da un’impresa presso privati, anche se tali beni sono destinati all’attività economica dell’impresa stessa.

Il procedimento principale vede protagonista una società spagnola che, nell’ambito della sua attività imprenditoriale, acquistava da privati beni ad alto contenuto di oro o di altri metalli preziosi per poi rivenderli a società specializzate, per la successiva reintroduzione nel circuito commerciale. Su tutte le operazioni di acquisto e di vendita era stata applicata l’Iva.

L’Amministrazione finanziaria iberica riteneva che le suddette operazioni d’acquisto fossero rilevanti ai fini dell’imposta sui trasferimenti patrimoniali e, quindi, aveva emesso un atto impositivo, che la società ha impugnato per violazione del principio di neutralità fiscale, in quanto sugli acquisti era già stata applicata l’Iva. Il nuovo assoggettamento all’imposta patrimoniale, quindi, avrebbe comportato una doppia imposizione.

Corte di Giustizia Ue, corretta interpretazione del principio di neutralità fiscale dell’Iva

La Corte europea, nel dirimere la controversia, ha esaminato due aspetti riguardati: il primo, il possibile cumulo di due imposte sostanzialmente assimilabili riscosse su un’unica operazione e, il secondo, l’eventuale violazione del principio di neutralità dell’Iva.

Circa la possibilità di cumulo delle due imposte, la Corte Ue ha specificato che, nel caso di specie, non si ravvisa l’esistenza di regimi fiscali concorrenti perché l’Iva e l’imposta sui trasferimenti patrimoniali e sugli atti giuridici documentali sono imposte differenti che hanno caratteristiche diverse.

La Corte, dopo aver ricordato le principali caratteristiche dell’Iva risultanti dalla sua giurisprudenza, infatti, ritiene che un’imposta sui trasferimenti patrimoniali a titolo oneroso si differenzia dall’Iva in un modo tale da non poter essere qualificata come imposta avente il carattere di un’imposta sulla cifra d’affari. Di conseguenza, essa può legittimamente coesistere con l’Iva.

Analogamente, sulla questione se l’applicazione delle due imposte possa ledere il principio di neutralità dell’Iva, la Corte Ue ha ribadito il principio per cui “il principio di neutralità fiscale in materia di IVA impone tale neutralità solo nell’ambito del sistema armonizzato istituito dalla direttiva IVA.”

Di conseguenza, trattandosi nel caso di specie di un’imposta non armonizzata nell’ambito della sesta direttiva, la neutralità del sistema comune non può risultare compromessa.

Di qui, il seguente principio di diritto: “La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonché il principio di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta ad un’imposta indiretta gravante sui trasferimenti patrimoniali, distinta dall’imposta sul valore aggiunto, l’acquisto da parte di un’impresa, presso privati, di oggetti aventi un elevato contenuto di oro o di altri metalli preziosi, qualora tali beni siano destinati all’attività economica di detta impresa, la quale, ai fini della loro trasformazione e della loro successiva reintroduzione nel circuito commerciale, li rivenda a imprese specializzate nella fabbricazione di lingotti o di oggetti vari in metalli preziosi”.

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