Con la sentenza n. 23489 del 2 settembre 2024, la Corte di Cassazione, Sezione tributaria, è intervenuta a chiarire quale aliquota dell'imposta di registro sia applicabile a un atto di costituzione di servitù su terreno agricolo.
La Suprema corte, in particolare, ha rigettato la tesi sostenuta dall'Agenzia delle Entrate, secondo cui agli atti di costituzione di servitù sui terreni agricoli dovrebbe applicarsi l'imposta di registro nella misura del 15% invece dell'8%.
Disattendendo la posizione dell'Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione ha affermato che il termine "trasferimento", così come utilizzato nell'articolo 1 della Tariffa allegata al DPR n. 131/1986 (Testo Unico dell'Imposta di Registro - TUR), si riferisce esclusivamente al passaggio di proprietà o di diritti reali di godimento da un soggetto a un altro.
La costituzione di una servitù, invece, non comporta un trasferimento di diritti, ma la creazione di un nuovo diritto reale, motivo per cui l'aliquota applicabile non può essere del 15%, bensì quella prevista per la costituzione di diritti reali di godimento, che è attualmente del 9% (precedentemente dell'8%).
La controversia all'esame della Corte di cassazione aveva ad oggetto settanta avvisi di liquidazione dell'imposta di registro emessi dall'Agenzia delle Entrate in relazione ad altrettanti rogiti notarili aventi ad oggetto atti di costituzione di servitù su terreni.
Con i predetti avvisi, l'Ufficio finanziario aveva recuperato a tassazione la maggiore imposta di registro nella misura proporzionale del 15% rispetto a quella autoliquidata dalla società contribuente nella percentuale dell'8%.
La Commissione tributaria provinciale e quella regionale avevano dato ragione alla società contribuente, oppostasi ai predetti avvisi di accertamento.
I giudici di merito si erano allineati all'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il termine "trasferimento" riportato nell'art. 1 della Tariffa allegata al DPR n. 131/1986 è stato utilizzato dal Legislatore per designare tutti quegli atti che comportano il passaggio della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali di godimento da un soggetto a un altro.
Secondo tale interpretazione, il termine trasferimento non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti.
Posizione, questa, confermata anche dai giudici di Cassazione.
Ai sensi dell'art. 1027 del Codice civile - ha rammentato la Corte - la servitù prediale, che costituisce un diritto reale di godimento, consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente ad un diverso proprietario.
Ebbene, la servitù si costituisce, non si trasferisce, non essendo autonomamente alienabile.
Va escluso, ossia, che la servitù possa essere trasferita separatamente dalla proprietà del fondo dominante o che sia possibile una concessione separata del godimento della servitù medesima.
Per un'esatta applicazione dell'imposta di registro alla servitù, è fondamentale interpretare in modo corretto il termine "trasferimento" così come impiegato dal legislatore nell'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/1986. Questo termine deve essere inteso in senso stretto, non comprensivo del concetto di "costituzione di diritto reale".
Considerato, quindi, che la norma in questione stabilisce l’applicazione dell’aliquota dell’8% per gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in generale e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento” e del 15% “quando il trasferimento riguarda terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dall’imprenditore”, l’aliquota corretta da applicare all’atto di costituzione di servitù prediale non è del 15%, bensì quella attuale del 9%, precedentemente fissata all’8%.
E' stato ribadito, in definitiva, il principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione con sentenza n. 16495/2003, secondo cui:
Sintesi del caso | La controversia riguardava settanta avvisi di liquidazione dell'imposta di registro emessi dall'Agenzia delle Entrate per atti di costituzione di servitù su terreni agricoli. |
Questione dibattuta | L'Agenzia delle Entrate sosteneva che agli atti di costituzione di servitù sui terreni agricoli dovesse applicarsi l'imposta di registro nella misura del 15% anziché dell'8%. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Corte di Cassazione ha stabilito che la costituzione di servitù non comporta un trasferimento di diritti, ma la creazione di un nuovo diritto reale, quindi l'aliquota corretta è quella del 9% (precedentemente 8%). |
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