Credito d’imposta: quando il Fisco può disconoscerlo con controllo automatizzato

Pubblicato il 03 novembre 2025

Il disconoscimento di un credito d’imposta può essere effettuato tramite controllo automatizzato, ma solo quando deriva da un semplice riscontro formale dei dati dichiarati.

Se invece la verifica richiede valutazioni di merito o un’attività istruttoria complessa, l’Amministrazione deve procedere con le ordinarie modalità di accertamento.

Credito d'imposta, disconoscimento e controllo automatizzato

Il principio è stato ribadito dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 28785 del 31 ottobre 2025, nel pronunciarsi in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie.

La Suprema Corte è tornata così a chiarire i limiti entro i quali l’Amministrazione finanziaria può procedere, tramite controllo automatizzato ex art. 36-bis del D.P.R. 600/1973, al disconoscimento di un credito d’imposta esposto in dichiarazione.

Il caso esaminato

Il caso trae origine da un contenzioso tra una società contribuente e l’Agenzia delle Entrate, in seguito all’emissione di cartelle esattoriali derivanti da controlli automatizzati.

La Commissione Tributaria Regionale aveva accolto in parte il ricorso della contribuente, ritenendo che il disconoscimento del credito richiedesse una valutazione istruttoria complessa, non compatibile con la procedura automatizzata.

L’Agenzia ha quindi impugnato la decisione in Cassazione.

La questione giuridica sottesa 

La Cassazione, nel dettaglio, è stata chiamata a stabilire se il disconoscimento di un credito d’imposta possa essere effettuato senza attività istruttoria, cioè mediante la semplice verifica cartolare dei dati dichiarativi, o se richieda necessariamente un accertamento ordinario, con l’invio di una comunicazione preventiva al contribuente.

La decisione della Suprema Corte  

Richiamando un consolidato orientamento, la Cassazione ha precisato che il controllo automatizzato è legittimo qualora esso abbia carattere cartolare e non implichi valutazioni, in quanto effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi.

In tali ipotesi, non è necessaria un’attività valutativa o interpretativa dell’Amministrazione, né l’invio dell’“avviso bonario”.

Diversamente, quando il disconoscimento del credito d’imposta presuppone verifiche di merito, valutazioni sull’effettiva spettanza del beneficio o esame di documentazione ulteriore, il procedimento automatizzato non può essere utilizzato.

In questi casi, l’Ufficio deve procedere mediante un accertamento ordinario, che garantisca il contraddittorio preventivo e la piena tutela del contribuente.

Il principio di diritto  

La Corte, sul punto, ha formulato un principio chiaro:

“In tema di credito di imposta, il relativo disconoscimento può avvenire da parte dell'Amministrazione finanziaria altresì tramite procedura automatizzata di cui all'art. 36 bis d.P.R. n. 60/1973, ove un tanto emerga dal semplice esame cartolare dei documenti offerti dalla parte contribuente in sede di esposizione dei redditi”.

Esito del giudizio

La Corte di Cassazione, quindi ha accolto parzialmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, per un nuovo esame.

Con l'ordinanza n. 28785/2025, in conclusione, la Suprema Corte ha riaffermato la legittimità del controllo automatizzato solo nei casi in cui l’irregolarità emerga da un semplice riscontro cartolare, escludendone l’utilizzo quando siano necessarie verifiche istruttorie di merito.

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