Critica politica con limiti

Pubblicato il 17 settembre 2016

Il diritto di critica, anche politica, non può manifestarsi attraverso affermazioni gratuite, lesive della personalità professionale di soggetti esercenti attività di informazione, attraverso l’attribuzione agli stessi di finalità di tipo personalistico a cui piegare la conduzione di un servizio giornalistico, prescindendo da ogni argomentazione a sostegno di tali affermazioni ed attribuendo malafede e disonestà intellettuale semplicemente per la non condivisione del servizio stesso.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, rigettando il ricorso di una donna, condannata per diffamazione per aver, in qualità di sindaco di una città, divulgato alla stampa il testo di alcune lettere contenenti espressioni ripetutamente offensive della reputazione dei direttori di un servizio giornalistico.

Diffamazione Elemento soggettivo

L’ errore sulla veridicità dei fatti o sulla correttezza dei giudizi oggetto della condotta incriminata – secondo gli ermellini – non esclude il dolo richiesto dalla norma qui contestata, non ricadendo sugli elementi costitutivi della fattispecie e potendo il reato essere consumato anche divulgando la verità.

Ai fini dell’elemento soggettivo, è sufficiente la consapevolezza di formulare giudizi oggettivamente lesivi della reputazione altrui. E nel caso di specie – conclude la Corte con sentenza n. 38311 del 15 settembre 2016 - appare evidente come il ruolo rivestito dalla ricorrente e la sua veste di amministratrice locale, fossero dimostrative di competenza e capacità a calibrare e dosare la terminologia, dunque della sua piena consapevolezza sul carattere oggettivamente lesivo delle frasi formulate. 

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