Cure essenziali in Italia. No al rimpatrio

Pubblicato il 08 luglio 2013 Le Sezioni unite civili di Cassazione, con sentenza n. 14500 depositata il 10 giugno 2013, hanno accolto, con rinvio, il ricorso presentato da un cittadino tunisino affetto da HIV nei cui confronti il giudice di pace aveva convalidato l'espulsione a seguito di provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, permesso dallo stesso richiesto per cure mediche.

Secondo la Corte di legittimità, il giudice di pace era incorso in un errore di natura interpretativa nel ritenere che, nella specie, la mera assunzione di un farmaco antiretrovirale non potesse costituire una “cura essenziale” senza procedere con l'accertamento se tale assunzione fosse idonea a eliminare rischi per la vita o anche solo un maggior danno alla salute.

Lo stesso organo giudicante nel merito aveva, altresì, omesso di indicare le ragioni per le quali aveva disatteso le valutazioni tecniche rese sia dal Ctu, il quale aveva definito la terapia a cui doveva essere sottoposto il ricorrente come “trattamento salvavita”, non disponibile in Tunisia, sia dal consulente e dal medico curante di parte secondo i quali era impossibile, nel Paese di origine, eseguire la genotipizzazione.

Le Sezioni civili, in definitiva, hanno cassato il provvedimento del giudice di pace disponendo il rinvio degli atti ad altro giudice “affinché accerti se le cure alle quali è sottoposto il ricorrente in Italia siano essenziali alla luce del principio secondo cui per tali debbono intendersi anche le semplici somministrazioni di farmaci quando si tratti di terapie necessarie a eliminare rischi per la vita o il verificarsi di maggiori danni alla salute, in relazione all’indisponibilità dei farmaci nel Paese verso il quale lo straniero dovrebbe essere espulso”.
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