Danno da inquinamento, va provato il nesso causale

Pubblicato il 21 aprile 2015 La Corte europea dei diritti dell'uomo, con decisione resa il 16 aprile 2015 relativamente al ricorso Smaltini contro Italia, ha dichiarato irricevibile la domanda avanzata da una donna italiana, colpita da leucemia, la quale lamentava che la sua malattia fosse dovuta all'inquinamento ambientale provocato dall'Ilva di Taranto.

La Corte europea, in particolare, ha rilevato come le doglianze della donna fossero incentrate non tanto sul fatto che le autorità italiane avessero omesso di prendere le misure legali o amministrative per proteggere il proprio diritto alla vita, ma sulla circostanza che le autorità medesime non avessero constatato l'esistenza di un nesso causale tra le emissioni inquinanti dell'Ilva e la sua malattia.

Tenuto conto di queste circostanze, e fatti salvi i risultati di futuri studi scientifici, la Corte ha, quindi, concluso per la mancata dimostrazione, da parte della ricorrente, "alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili al momento dei fatti di causa", che l'obbligo del Governo di proteggere la sua vita, ai sensi dell'articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e sul piano procedurale, fosse stato trascurato.
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