Diritto di ascolto come prerogativa difensiva non suscettibile di alcuna limitazione

Pubblicato il 08 ottobre 2013 La Sesta sezione penale di Cassazione, con la sentenza n. 41362 depositata il 7 ottobre 2013, si è pronunciata in materia di intercettazioni e diritto di difesa nell'ambito di un processo per associazione mafiosa ai sensi dell'articolo 416-bis del Codice penale. In particolare, i giudici di legittimità hanno provveduto ad annullare, con rinvio, la decisione di condanna impartita dalla Corte d'appello di Caltanissetta, con rito abbreviato, nei confronti di due imputati i quali avevano lamentato, dinanzi alla Suprema corte, una violazione del proprio diritto di difesa legata alla denegata possibilità di conoscere il contenuto integrale delle intercettazioni utilizzate prima per l'emissione delle misure cautelari e poi per gli ulteriori momenti del processo sino alla sentenza emessa nei loro confronti.

Nel ricorso per Cassazione, gli stessi avevano evidenziato come i loro difensori avessero diritto di ascoltare i detti file o comunque di ottenerne copia e tale diritto non poteva essere subordinato alla specifica indicazione preventiva dei file dei quali si intendeva procedere all'ascolto né limitato in ragione di una asserita paralisi del procedimento.

Tale doglianza è stata ritenuta fondata dai giudici di legittimità, secondo i quali l'elemento concretante la prova, in caso di intercettazioni, è dato dai supporti sui quali risultano registrate le conversazioni captate; “non lo sono” – si legge nel testo della decisione “le trascrizioni sommarie delle conversazioni rese dalla P.g. (i cosiddetti brogliacci), né le trascrizioni integrali delle stesse” che, secondo costante orientamento di legittimità “costituiscono una rappresentazione grafica del contenuto delle prove già acquisite mediante registrazione fonica”.

Nel testo della sentenza la Suprema corte ha, quindi, ricordato come il diritto all'ascolto sia prerogativa difensiva non suscettibile di limitazione alcuna né di apposita autorizzazione. La violazione di detto diritto – continua la Corte – dà luogo ad una compromissione del diritto di difesa tale da concretare una nullità di ordine generale a regime intermedio che cade direttamente sulla possibilità di vaglio critico del momento nel quale si concreta la prova.
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