Ente responsabile anche se il dipendente è assolto

Pubblicato il 03 settembre 2015

La responsabilità dell'Ente sussiste anche quando la persona fisica del dipendente, cui era stato addebitato il reato presupposto, è stata poi assolta per non aver commesso il fatto.

E' quanto ha affermato la Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n. 35818 depositata il 2 settembre 2015, nel respingere il ricorso di una Società, avverso la pronuncia con cui la Corte d'Appello l'aveva condannata ad una sanzione pecuniaria, nonostante l'autore del reato presupposto – suo dipendente – fosse stato assolto dal reato di aggiotaggio.

La Suprema Corte, nel confermare il provvedimento impugnato, ha chiarito come il simultaneo processo nei confronti dell'autore del reato collegato, non sia condizione essenziale perché si possa procedere verso l'Ente.

In altre parole, identificabile o meno che sia l'autore del fatto incriminato (tra l'altro, nella specie, prescritto), il D.Lgs. 231/2001, consente in ogni caso di procedere nei confronti della Società (che dal fatto ha tratto vantaggio).

D'altra parte, l'illecito addebitabile all'Ente ai sensi del menzionato D.Lgs 231/2001, non consiste in una responsabilità sussidiaria per fatto altrui (sulla falsa riga della responsabilità civile per fatto del dipendente o di quella prevista dall'art. 197 c.p.). L'Ente è infatti punito per fatto proprio, dal momento che il reato presupposto, ben può considerarsi espressione di una politica aziendale deviata o, comunque, frutto di una colpa da organizzazione.

La circostanza che detta colpa venga ad emersione mediante la commissione di uno specifico fatto di reato (da parte del dipendente persona fisica), non mina la natura "personale"e dunque autonoma della responsabilità dell'Ente, riferibile essenzialmente ad un deficit organizzativo che attiene alla mancata adozione di misure precauzionali, astrattamente idonee a prevenire il fatto realizzato dal soggetto imputato.

 

 

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