Esercizio abusivo di intermediazione finanziaria, se l’analista gestisce i capitali

Pubblicato il 31 dicembre 2015

Con sentenza n. 51092 depositata il 29 dicembre 2015, la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha confermato la condanna penale di un analista finanziario, per aver svolto abusivamente intermediazione bancaria senza essere iscritto presso l’elenco dell’Ufficio italiano Cambi.

Priva di fondamento, dunque, la tesi della difesa, secondo cui l’imputato si sarebbe limitato a fornire raccomandazioni non personalizzate (difettando perciò la conoscenza approfondita del profilo dell’investitore) corrispondenti a quelle pubblicate sul proprio sito web.

Invero – sottolinea la Suprema Corte - dalle risultanze processuali era emerso come l’imputato operasse nel proprio studio sui conti correnti aperti tramite una società londinese, avendo la disponibilità delle password per gestire grandi quantità di capitali per conto degli investitori.

Nello specifico – sempre in base alle risultanze -  l’analista, una volta raggiunto l’accordo personalizzato con il cliente, andava ad operare direttamente sui suoi conti, eventualmente disattendendo le indicazioni fornitegli, senza dunque limitarsi a delle mere raccomandazioni.

Esercizio abusivo: Attività di consulenza non prodromica ma parte integrante dell’intermediazione finanziaria

Respinte dunque le censure del ricorrente, la Cassazione qualifica la presente condotta quale esercizio abusivo di intermediazione finanziaria, andando a confermare l’iter motivazionale della Corte territoriale, fondato sul principio giurisprudenziale per cui ”integra il delitto di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria ex art. 166 D.Lgs 58/1998), l’attività di consulenza – prestata al fine di reperire un proficuo programma di investimento, accompagnata dal mandato del cliente – la quale non è prodromica all’esercizio di intermediazione, consentita solo ai soggetti direttamente autorizzati, ma ne è parte integrante e come tale è disciplinata”.

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