Falsa testimonianza e intralcio alla giustizia. Quando si configurano i due reati

Pubblicato il 31 maggio 2017

Perché possa dirsi integrato il reato di falsa testimonianza non è richiesto che le dichiarazioni rese siano, di per sé, non corrispondenti al vero.

Il delitto in oggetto si configura, infatti, in presenza di dichiarazioni contrarie a quanto forma oggetto delle consapevolezze del testimone.

In correlazione a questa fattispecie, il reato di intralcio alla giustizia sussiste in quanto la condotta sia volta ad indurre il teste a rendere una deposizione diversa da quella che egli avverte come corrispondente al vero.

Intimidazioni nel corso della prova testimoniale

E’ quanto sottolineato dalla Sesta sezione penale di Cassazione nel testo della sentenza n. 27108 del 30 maggio 2017, con la quale è stata cassata l’ordinanza del Tribunale del riesame di annullamento della misura cautelare del carcere disposta nei confronti di un uomo per intralcio alla giustizia, in considerazione del comportamento dallo stesso tenuto mentre era in corso la deposizione di un teste, nell’ambito di un procedimento penale instaurato nei confronti del fratello e della madre del medesimo.

Il Pubblico ministero aveva presentato ricorso contro l’ordinanza di riesame, ritenendola carente di motivazione e contraddittoria nella parte in cui considerava che il comportamento tenuto fosse consistito in un’ingerenza riprovevole, dovuta ad incapacità di autocontrollo, non rinvenendosi il dolo specifico richiesto dalla fattispecie dell’intralcio alla giustizia, in ragione di una condotta attribuibile a reazione emotiva e non anche a comportamento finalizzato a costringere alla falsa testimonianza.

Nei fatti, la misura cautelare era stata emessa nei confronti dell’uomo, in quanto, nel corso di una deposizione testimniale, aveva cominciato a reagire contro il testimone chiave, invitandolo a giurare su suo figlio e recriminando sul fatto di averlo in passato favorito in tutto, fino a formulare, mentre nel frattempo veniva condotto fuori dall’aula, minacce di morte ed accuse di essere un infame e bastardo.

Aderendo alle doglianze del Pm, i giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato come incompleta e lacunosa nella concreta successione logica degli argomenti, tale da dover essere annullata, con rinvio, per un nuovo esame di merito.

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