False comunicazioni sociali e bancarotta impropria per approvazione del bilancio con occultamento delle perdite

Pubblicato il 03 luglio 2013 Con sentenza n. 28508 depositata il 2 luglio 2013, la Corte di cassazione ha confermato la condanna per false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, di cui rispettivamente agli articoli 2621 e 2622 del Codice civile, nonché per bancarotta impropria prevista e punita dall'articolo 223 della Legge fallimentare, disposta dagli organi giudiziari dei gradi precedenti nei confronti del consigliere di amministrazione di una società fallita che aveva approvato, anche se con riserva, un bilancio che celava un occultamento delle perdite.

L'imputato si era difeso dalle accuse sostenendo di non aver gestito né il volume d'affari della società né la contabilità della stessa.

Circostanze, queste, ritenute prive di rilievo dai giudici della Quinta sezione penale di Cassazione, i quali hanno sottolineato come la sussistenza dei fatti di false comunicazioni sociali, determinanti per la configurazione della bancarotta impropria, era stata coerentemente motivata dai giudici di secondo grado.

In particolare, nella sentenza impugnata era stato fatto cenno al dolo specifico che aveva connotato la condotta del consigliere, volta ad occultare, con le perdite prodotte dalla gestione della società, la necessità di ricapitalizzazione della stessa. Questa finalità, poiché diretta a favorire indebitamente i soci, “soggetto maggioritario dei quali era l'impresa rappresentata dall'imputato”, integrava – si legge nel testo della decisione - il fine di ingiusto profitto richiesto dagli articoli 2621 e 2622 del Codice civile.
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