Fisco esonerato dal dimostrare l’esistenza della frode carosello

Pubblicato il 20 settembre 2012 Non spetta all’agenzia delle Entrate fornire la prova dell’avvenuto accordo simulatorio tra i tre soggetti dell’interposizione fittizia eventualmente ipotizzata: effettivo fornitore della merce, cartiera che ha emesso la fattura e contribuente. L’onere della prova grava proprio sul contribuente, acquirente, che se vuole detrarre l’Iva deve dimostrare la presenza di fatture soggettivamente inesistenti.

La precisazione giunge dalla Sezione tributaria della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 15741 del 19 settembre 2012.

Con tale pronuncia, i giudici di ultimo grado ribaltano la tesi sposata dalle commissioni tributarie provinciale e regionale, che avevano sostenuto la difesa del contribuente che si dichiarava sostanzialmente estraneo alla presunta frode.

Accogliendo il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, che aveva negato all'acquirente italiano la detrazione ad opera di un fornitore sospettato di essere una cartiera, i giudici ribadiscono il principio secondo cui grava “su chi intenda provare la verità dell'inverosimile” - in questo caso il contribuente - fornire la prova della pratica fraudolenta attuata.

Dunque, l'Iva che il cessionario dichiara di aver pagato al cedente per l'operazione soggettivamente inesistente non è detraibile, dal momento che è pagata ad un soggetto che non era legittimato alla rivalsa né era assoggettato all'obbligo di pagamento dell'imposta. Si legge in sentenza che: “unica eccezione alla non detraibilità in questi casi potrebbe essere che l'acquirente non sapesse che il fornitore effettivo non era il fatturante ma un altro. Ipotesi non impossibile ma meramente di scuola e l'onere di provarla grava ovviamente sul contribuente che fa valere la detrazione. Al di fuori di tale caso, nell'ipotesi di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti il fisco, per escludere la detraibilità, ha solo l'onere di provare, e può farlo anche mediante presunzioni essendo principio di carattere generale che la prova dei fatti può essere data anche mediante presunzioni, che la cessione non è stata effettivamente operata dal fatturante”.
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