Fondi europei se lo studio è impresa

Pubblicato il 09 febbraio 2016

Uno studio professionale può accedere ai contributi dei Fondi europei (nella specie, destinati alle imprese) se l’attività del libero professionista assuma vesti imprenditoriali, ovvero, se venga esercitata attraverso un’adeguata struttura aziendale organizzata.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, respingendo l’appello di uno studio legale che si era visto respingere la domanda di fruizione di contributi di cui al Fondo sociale europeo, sull'assunto che la propria attività non fosse equiparabile a quella d’impresa o piccola media impresa (quali soggetti espressamente destinatari del Fondo)  

Sul punto il Collegio amministrativo ha ribadito l’arresto giurisprudenziale per cui uno studio di avvocato può anche presentare, in concreto, una organizzazione imprenditoriale, ma il concetto di imprenditore non può estendersi tout court al libero professionista.

Professionista imprenditore, se prevale l’azione organizzativa

E nell'ipotesi in cui il professionista intellettuale rivesta la qualità di imprenditore per il fatto di esercitare la professione nell'ambito di un’attività organizzata in forma di impresa, deve comunque trattarsi di una distinta ed assorbente attività che si differenzia da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo – il quale cessa di essere meramente strumentale – e per il differente apporto del professionista medesimo, non più circoscritto alle prestazioni d’opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione organizzativa, ossia di coordinamento e di controllo, che si affianca all'attività tecnica ai fini della produzione e del servizio.

E non predomina l’attività professionale

In tale evenienza, l’attività professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo, il che giustifica la qualificazione come imprenditore.

Ma nel caso di specie il Consiglio di Stato, con sentenza n. 258 depositata il 27 gennaio 2016, vista la natura dell’organico e la descrizione delle attività svolte, ha concluso che lo studio legale appellante potesse rientrare tra quelle “attività di professionisti” escluse dai contributi comunitari in questione, in quanto priva di struttura aziendale tipica dell’impresa e consistente piuttosto in un’associazione di esercenti una professione intellettuale, derivante ossia dalla sommatoria di prestazioni professionali di singoli avvocati. In breve, nulla a che fare con una piccola impresa.

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