Gli insulti tramite e-mail non costituiscono molestia

Pubblicato il 01 luglio 2010
La condotta di chi invii insulti tramite e-mail non integra il reato di molestie di cui all'articolo 660 del Codice penale e non è sanzionata penalmente. 

E' quanto statuito dalla Corte di cassazione nel testo della decisione n. 24510 del 30 giugno con riferimento ad una vicenda in cui un uomo di Cassino aveva inviato ad una collega un messaggio di posta elettronica contenente “apprezzamenti gravemente lesivi della dignità e della integrità personale e professionale del convivente”. I giudici di merito avevano ritenuto che il fatto fosse sussumibile nella fattispecie della molestia telefonica per come sanzionata dall'articolo 660 Codice penale; quest'ultimo - secondo i giudici di prima facie - andava interpretato in maniera estensiva tale da comprendere, oltre che le classiche molestie telefoniche, tutte quelle effettuate per tramite degli “analoghi mezzi di comunicazione a distanza” comprese, quindi, anche le mail inoltrate attraverso il telefono. 

Di diverso avviso la Corte di legittimità la quale ha spiegato che l'invio di un messaggio di posta elettronica, al pari di una lettera spedita tramite il servizio postale, “non comporta, a differenza della telefonata, nessuna immediata interazione tra il mittente e il destinatario, né intrusione diretta del primo nella sfera delle attività del secondo”. In particolare, il mezzo telefonico, rispetto alla posta elettronica, rileva proprio “per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l'apparecchio telefonico, con conseguente lesione della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita”. Ne consegue che la molestia commessa a mezzo di posta elettronica, anche se idonea a ledere la tranquillità privata della persona destinataria, non è punibile ai sensi dell'articolo 660 del Codice penale proprio perchè i messaggi inviati tramite e-mail non possono essere assimilati a quelli telefonici.
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