Gravi condotte lesive dell'onore e della dignità altrui: licenziamento legittimo

Pubblicato il 29 marzo 2023

E' stata definitivamente confermata, dalla Cassazione, la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato da un Comune ad una propria dipendente per reiterate gravi condotte lesive dell'onore e della dignità del Comandante della Polizia municipale e degli altri Sottufficiali, ritenute denigratorie per l'intero Comando ed il Comune medesimo.

Precedentemente, la stessa era stata sottoposta a sospensione disciplinare per avere denigrato il Comandante, attribuendogli un comportamento scorretto ed irrispettoso ed il Corpo stesso, esprimendo su di esso un giudizio negativo e tale da far desumere lo svolgimento al suo interno di attività illecite, oltre che per avere gravemente diffamato un collega, attribuendogli comportamenti sessualmente molesti ed osceni ed avere tenuto un comportamento scorretto nei riguardi di altro superiore.

Dopo la sanzione, la donna aveva avanzato denuncia contro il Comandante e altri colleghi, rappresentando vari episodi a suo avviso di rilevanza penale.

Il procedimento penale in parola era stato tuttavia archiviato, di tal ché l'Ente comunale aveva aperto una nuova procedura disciplinare contro la dipendente, conclusasi, questa volta, con il recesso senza preavviso.

Licenziamento senza preavviso per condotta ingiuriosa

Con ordinanza n. 7225 del 13 marzo 2023, la Sezione lavoro della Cassazione ha confermato tali conclusioni, ritenendo che il licenziamento comminato fosse ab origine legittimo.

Secondo gli Ermelini, ricorrevano, nel caso in esame, tutti gli elementi di fatto della fattispecie di cui all’art. 55-quater lett. e) D. Lgs.  n. 165/2001, sotto il profilo della reiterazione di gravi condotte lesive dell’onore e della dignità personale altrui.

Questo, sulla base di quanto già accertato dalla Corte d'appello, vale a dire alla luce della plurima condotta denigratoria verso il Comandante del Corpo ed i colleghi nonché, altresì, della calunnia perpetrata nei confronti dei medesimi, accertata con sentenza penale in giudicato.

Si era trattato di condotte indubbiamente gravi, non solo perché reiterate, ma anche in quanto rivolte contro il Comandante ed il Corpo di Polizia, vale a dire contro l’Istituzione di appartenenza, sfociate in un ambito di rilievo penale.

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