Il car pooling aziendale su piattaforma non genera reddito di lavoro per i dipendenti

Pubblicato il 01 novembre 2019

Il servizio aziendale di car pooling reso attraverso una piattaforma terza è oggetto di interpello.

Il car pooling è un sistema di trasporto non professionale basato sull'uso condiviso di veicoli privati tra due o più persone che devono percorrere uno stesso itinerario, o parte di esso, messe in contatto tramite servizi dedicati forniti da intermediari pubblici o privati, senza che per la prestazione di trasporto possa essere previsto alcun tipo di corrispettivo.

Nel caso trattato, il datore di lavoro mette a disposizione della generalità dei propri dipendenti una piattaforma informatica terza, il cui utilizzo è lasciato alla volontà dei lavoratori.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 461 del 31 ottobre 2019, fornisce alcuni chiarimenti sul servizio aziendale. Di seguito i principali.

L'utilità in natura recate ai dipendenti delle società clienti dal servizio di Car Pooling aziendale non genera reddito di lavoro dipendente. La nota ricorda che l'Amministrazione finanziaria in più occasioni ha precisato che affinché si determini l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, devono ricorrere congiuntamente, tra l'altro, le seguenti condizioni:

· le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti;

· le opere e servizi devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura e non erogazioni sostitutive in denaro;

· le opere e i servizi devono perseguire specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale o culto.

Trattandosi di un servizio volontario messo a disposizione dalla società committente per la generalità dei dipendenti, che risponde alle finalità riconducibili a quelle individuate al comma 1 dell'articolo 100 del TUIR, i costi sostenuti il car pooling aziendale forniti attraverso una piattaforma sono da considerarsi deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi della società committente.

Lo scambio di somme tra il driver ed i riders, a titolo di rimborso spese di viaggio, non scontano l’Iva per carenza dei presupposti impositivi: il driver non può ritenersi che svolga un'attività economica rilevante.

Si ritiene che le anzidette somme non siano da assoggettare all'Iva anche qualora vengano trasferite dal rider al driver attraverso l'intervento di una società terza.

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