Il Centro terziario di servizi può svolgere la consulenza del lavoro

Pubblicato il 16 luglio 2021

Il titolare di un Centro terziario di servizi che fornisce servizi di consulenza del lavoro solo alle piccole imprese associate, sia in quanto centro di assistenza fiscale (CAF imprese) abilitato ex art. 11 DM Finanze n. 164/1999 e sia in quanto centro di servizio di associazione di categoria ex art. 1, comma 4, legge n 12/1979 non può essere ritenuto responsabile del reato di abusivo esercizio della professione di consulente del lavoro. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza, sesta sezione penale, del 9 luglio 2021 n. 26294.

Esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro

Il titolare di un Centro Servizi terziario (CTS), costituito in forma di società in accomandita semplice, facente capo all'associazione ALAR, che fornisce servizi solo alle piccole imprese associate, viene condannato in primo e secondo grado per il reato di esercizio abusivo di una professione (art. 348 cod. pen.), per avere svolto attività di consulente del lavoro, occupandosi in particolare di adempimenti in materia lavoristica, in assenza di apposito titolo e d'iscrizione al relativo albo professionale.

L’imputato, soccombente nei due gradi di giudizio, presenta ricorso in Cassazione argomentando che la Corte di appello non ha tenuto conto della normativa speciale prevista dall'art. 11 del decreto del Ministro delle Finanze n. 164 del 31 maggio 1999, in materia di disciplina delle attività dei Centri di assistenza fiscale (CAF imprese) e dall'art. 1, comma 4, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, in materia di disciplina delle attività di consulenza del lavoro svolta per i dipendenti delle imprese artigiane e piccole imprese e le cooperative di dette imprese.

I CTS, rileva il ricorrente, sono stati erroneamente assimilati al CED (Centro elaborazione dati) di cui al comma 5 dell'art. 1 legge 12/1979 e non si è tenuto in debito conto il fatto che gli stessi svolgano le loro attività esclusivamente a favore delle imprese iscritte alla Associazione Lavoratori Artigiani e piccole e medie imprese Riuniti (ALAR). L'art. 1, comma 4, della legge n. 12/79, infatti, in deroga alla esclusiva assegnazione ai professioni iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro e solo con riferimento alle piccole imprese e imprese artigiane ed alle loro cooperative, legittima l'affidamento degli adempimenti in materia di lavoro a servizi o a centri di assistenza fiscali (CAF) istituiti dalle rispettive associazioni di categoria, prevedendo che tali servizi possano (e non debbano) essere svolti dalle associazioni a mezzo di consulenti del lavoro anche se dipendenti delle medesime associazioni.

Sul punto, dopo il precedente erroneo della Corte di Cassazione (sentenza n. 367/2013 della Sesta Sezione penale ripreso dalla circolare n. 17/2013), sono stati sollecitati altri chiarimenti interpretativi al Ministero del Lavoro (ancora non resi) e la giurisprudenza di merito è sempre stata unanime nell’assolvere gli imputati.

Centro terziario di servizi e consulenza del lavoro

La Cassazione ritiene il ricorso dell’imputato fondato sulla base delle seguenti argomentazioni.

La legislazione vigente (art. 11 del decreto del Ministro delle Finanze n. 164 del 31 maggio 1999 e art. 1, comma 4, della legge professionale dei consulenti del lavoro) è finalizzata ad agevolare le piccole imprese e le imprese artigiane nella gestione degli adempimenti di lavoro nel ridurre i costi di gestione dei relativi servizi.

Dalla lettura combinata di tali disposizioni emerge chiaramente che:

Condizioni che, rileva la Suprema Corte, risultano tutte osservate nel caso di specie.

Servizi svolti per le sole imprese artigiane o piccole imprese associate

Alla luce della normativa vigente in materia risulta confermato che i centri di servizio gestiti dalle associazioni attraverso la costituzione di società di servizio non debbano obbligatoriamente avvalersi di consulenti del lavoro iscritti all'albo.

Non solo. La legge professionale prevede che in alternativa ai centri di servizio gestiti dalle associazioni, possano essere create strutture delocalizzate dei Caf-imprese che fanno capo alla cooperativa di imprese che si avvalgono di tale opportunità.

In tutti i casi comunque quel che rileva è solo che tali servizi siano svolti per le sole imprese artigiane o piccole imprese associate.

E’ altrettanto errato il riferimento alla necessità che l'operatore professionale incaricato dalle associazioni di categoria in esame sia un dipendente dell'associazione stessa. Inoltre la legislazione vigente richiede le società di servizio siano controllate dalla associazione di categoria, ma non impone alcuna forma societaria, sempre che operino nell'ambito dell'organizzazione del CAF autorizzato, costituito nella forma di una società di capitali. E’ previsto solo le attività delle società di servizio siano effettuate "sotto il diretto controllo del CAF che ne assume la responsabilità".

Gestione di servizi e adempimenti in materia di lavoro

Alla luce delle considerazioni suesposte, la Cassazione, superando il precedente giurisprudenziale di segno opposto(Sez. 6, n.97256 del 21/02/2013), conclude che “l'unico spazio per ravvisare il reato di esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro in questo ambito rimane quello ristretto alla diversa casistica della utilizzazione di tale sistema operativo oltre l'ambito delle piccole imprese e le imprese artigiane associate”, in linea con i dettami della circolare Min. Lavoro n. 20 del 21 agosto 2008 che raccomanda agli ispettori del lavoro di verificare che i Centri di Servizio svolgano la loro attività esclusivamente per le imprese associate e iscritte.

La Cassazione annulla in conclusione senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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