Il compenso per il lavoro prestato oltre il settimo giorno ha natura retributiva

Pubblicato il 12 novembre 2012 Un lavoratore, dipendente di una Banca con mansioni di custode-guardiano che ha svolto prestazioni di vigilanza diurna e notturna mediante turni di lavoro che si protraevano anche oltre il sesto giorno di lavoro consecutivo, adiva la Corte di Appello di Roma per vedersi riconosciuto il pagamento di un compenso per le prestazioni rese di domenica e nel cosiddetto settimo giorno.

La Corte di Appello aveva condannato la banca a pagare una somma di denaro al lavoratore a titolo di compensi per lavoro domenicale e per il lavoro prestato oltre il settimo giorno.

Il lavoratore promuove così ricorso in Cassazione chiedendo l’annullamento della pronuncia limitatamente al punto in cui veniva riconosciuta quale misura del compenso per la prestazione resa nel settimo giorno una maggiorazione del 20% della retribuzione ordinaria: percentuale quest’ultima stabilita dalla successiva contrattazione collettiva per il solo lavoro domenicale.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18284 del 25 ottobre 2012, rigetta il ricorso e sancisce che il compenso richiesto per l’attività lavorativa prestata oltre il settimo giorno consecutivo di lavoro ha natura retributiva e non costituisce né un indennizzo né un risarcimento. Si tratta di un vero e proprio compenso, che ha natura di retribuzione dell’onerosità della specifica prestazione effettuata dopo il sesto giorno consecutivo di lavoro.

Tale compenso, pertanto, può essere fissato dalla stessa norma collettiva e, nel caso in cui la norma collettiva non lo preveda, lo stesso deve essere determinato dal giudice in via equitativa.

Si sottolinea, inoltre, che se la successiva normativa collettiva ha ritenuto di fissare nella misura del 20% della paga oraria la maggiorazione da corrispondere nel caso di prestazione lavorativa domenicale, la stessa ratio deve essere ravvisabile nella prestazione lavorativa del settimo giorno. In entrambi i casi il compenso è diretto a remunerare la particolare “onerosità” o “penosità” del lavoro prestato, da una parte, con sacrificio degli interessi personali e familiari connessi alla mancata fruizione della domenica, dall’altra con il sacrificio di chi è costretto a differire il riposo settimanale oltre la normale cadenza di sei giorni lavorativi, per effetto della prestazione resa nel settimo giorno, pur conservando la facoltà di fruire di un successivo riposo compensativo.
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