Il patteggiamento non è ontologicamente qualificabile come condanna

Pubblicato il 13 aprile 2011 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 8421 depositata il 12 aprile 2011, chiarisce che non è obbligato a risarcire i danni morali il consulente fiscale che ha incassato i soldi del cliente senza pagare le tasse cui erano destinati ed ha, poi, patteggiato la pena.

Nel caso di specie, il cliente aveva portato in causa il professionista per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e morali. Il tribunale e la Corte d'appello di Genova avevano dato parere favorevole al ristoro.

Ma il consulente ha presentato ricorso alla Suprema corte, terza sezione civile, che lo ha accolto in parte, evidenziando che non esistono automatismi nella liquidazione del danno morale dal momento che il patteggiamento non è equiparabile a una sentenza di condanna. Più precisamente, la Corte afferma che: “la sentenza, con la quale il giudice applica all'imputato la pena da lui richiesta e concordata con il pubblico ministero, pur essendo equiparata a una pronuncia di condanna ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 445, comma primo, cod. proc. pen., non è tuttavia ontologicamente qualificabile come tale, traendo essa origine essenzialmente da un accordo delle parti, caratterizzato, per quanto attiene l'imputato, dalla rinuncia di costui a contestare la propria responsabilità”.
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