Il permesso sindacale spetta senza formalismi

Pubblicato il 07 maggio 2007

Respingendo il ricorso di un datore verso un dipendente aderente ai Cobas, la sentenza di Cassazione n. 9250 del 18 aprile stabilito non essere lecito licenziare per assenza ingiustificata il lavoratore che chieda un permesso sindacale seguendo modalità differenti da quelle imposte dall’azienda. Il comportamento tenuto dal datore in queste occasioni dev’essere, cioè, considerato antisindacale in quanto, pur attuato involontariamente, è da ritenersi eccessivamente fiscale e diretto. E, venuta meno la liceità della sua condotta, cade di conseguenza anche la sanzione espulsiva.

Alla lamentata necessità di distinguere licenziamento e comportamento antisindacale, laddove – puntualizza il ricorrente datore di lavoro – può ben essere illecito il recesso senza che sia violata la libertà sindacale, oppone che la definizione di condotta antisindacale di cui all’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori “non è analitica ma teleologica, nel senso che la norma individua il comportamento illegittimo in base non a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i beni protetti”. Ciò significa che la regola è volutamente indeterminata proprio perché la libertà sindacale può essere lesa “in una varietà di modi difficilmente figurabili a priori in un testo di legge”. In questo caso, la giurisprudenza ha svolto l’attività di “supplenza interpretativa”, individuando gli estremi della condotta antisindacale in tutti quei comportamenti che oggettivamente ledono gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali.

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