Il querelante non può opporsi alla definizione del giudizio per decreto

Pubblicato il 28 febbraio 2015 Con sentenza n. 23 depositata il 27 febbraio 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 459 co. 1 c.p.p. (così come modificato con Legge n. 479/1999), laddove prevede la facoltà del querelante di opporsi, nei reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con decreto penale di condanna.

La presente questione di legittimità veniva sollevata dal Giudice delle indagini preliminari, nell’ambito di un giudizio in cui il pubblico ministero aveva richiesto l’emissione di decreto penale di condanna nei confronti dell’imputato per il reato di cui all’art. 388 c.p., nonostante l’espressa opposizione del querelante alla definizione del procedimento in siffatto modo.

Secondo il rimettente, in particolare, la disposizione normativa di cui all’art. 459 co. 1 c.p.p., costituiva una palese violazione degli artt. 111, 112 e 3 Cost..

La Consulta, in accoglimento delle censure sollevate, ha ritenuto come costituisca un evidente elemento di irrazionalità, ampliare dapprima il campo dei reati per cui è possibile concludere il procedimento con decreto penale di condanna - includendovi, mediante Legge 479/1999, anche quelli procedibili a querela – e poi prevedere la facoltà per il querelante, di opporsi al decreto di condanna medesimo.

Detta previsione risulta innanzitutto in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto distingue irragionevolmente la posizione del querelante rispetto a quella della persona offesa dal reato per quanto concerne i reati perseguibili d’ufficio, senza che ciò corrisponda, tra l’altro, ad alcun interesse meritevole di tutela del querelante medesimo. Quest’ultimo, infatti, ha essenzialmente interesse a che sia dichiarata la responsabilità penale dell’imputato; cosa che ben può avvenire laddove sia accolta richiesta di decreto penale di condanna.

Tale disposizione si pone poi in contrasto con l’esigenza di rapida definizione del processo e di deflazione, propria dei riti alternativi premiali, così violando il principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 112 Cost.

Risulta, infine, intrinsecamente contraddittoria - a detta della Consulta - in quanto non si prevede la medesima facoltà di opposizione nell’analogo rito speciale della definizione del processo mediante applicazione della pena su richiesta delle parti.
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